Il giovane intellettuale guardato con sospetto dai puristi per la sua opera di modernizzazione della cultura italiana. Il suo viaggio in Basilicata, tra le passeggiate in estasi tra le Tavole di Metaponto e la meraviglia per la parata dei Turchi a Potenza
di Gaetano Fierro
“Naples, la fleur d’Europe”. E’ il giudizio di mezza Europa sulla bellezza e vivacità della città partenopea. In tal contesto, siamo nell’800, la presenza di un giovane intellettuale, quella di Cesare Malpica, imbarazza i salotti letterari con le sue idee innovative, apertamente in antitesi con il movimento dei puristi: rigidi custodi della lingua italiana.
Malpica, assiduo lettore di Byron e dei classici francesi, affida alle mode d’oltralpe la modernizzazione della cultura italiana, ancorata alla difesa strenua della lingua nostrana dalle influenze lessicali e morfologiche straniere. A Napoli, dove vive e consegue la laurea in Giurisprudenza, istituisce una scuola privata e si dedica, a tempo pieno, al giornalismo e ai viaggi, la sua passione. Gira in lungo e in largo per il Regno delle due Sicilie, come un novello Goethe, alla scoperta dei luoghi celebrati da Omero, Virgilio e Orazio. Nel 1840, prende la decisione di visitare il Mezzogiorno d’Itala, iniziando dalle Puglie. Trova, anche, il tempo per rispondere ad una amica, una certa Luisa, che in modo poco attento in una lettera gli scrive: “Dove foste, perchè viaggiaste, e che intendete ora di fare?”. Malpica di rimando: “Ecco le tre domande che voi, o amica, mi faceste, quando io col viso scottato dal sole di Puglia, colla mente vagante in altre regioni, e col cuore pieno a ribocco di mille sentimenti diversi entrai nel vostro domestico tempietto, si splendente, si misterioso… E mi dimandaste con una certa aria da Presidente d’una Corte delle Assise, che il vostro sesso non dovrebbe assumer mai. I processi Criminali lasciategli agli scrivani: la vostra missione su la terra é tutta d’amore.” Osserviamo dalla ferma risposta dello scrittore e da quanto egli descrive nel suo diario di viaggio, intitolato: “Il giardino d’Italia – Le Puglie”, pubblicato nel 1840, che il suo peregrinare per lande scoscese ed impervie “é il voler sentire e non dipingere ciò che altri tante volte vide”.
Nel 1845, intraprende un nuovo viaggio: nelle Calabrie, una provincia tradizionalmente ostica ai forestieri, che percorre da cima a fondo, prima lungo il litorale tirrenico, poi quello ionico. Osserva luoghi sconosciuti, abitudini delle popolazioni locali con lo sguardo, attento e critico, di chi non vuole farsi sfuggire quelle preziose testimonianze al fine di annotarle, come fa, sul suo diario di viaggio, pubblicato, nel 1846, con il titolo: “Impressioni di viaggio nelle Calabrie”. Non soddisfatto, si rimette in cammino, e, nel 1847, eccolo in Basilicata.
L’attraversa dagli Alburni fino allo Ionio, dove ammira i reperti della Magna Grecia. Visita e soggiorna nei luoghi del Grand Tour: Metaponto ed Heraclea. Trascorre delle ore aggirandosi tra gli scavi archeologici e osservando le bellezze naturali. In quella Arcadia dello spirito, Malpica esclama: “La poesia forse non si compone di immagini? Non è forse il misterioso grido che alza il creato, a narrar i prodigi di Colui che con uno sguardo diè vita a infiniti mondi?” Nel mese di maggio, precisamente il giorno 29 del mese, capita nella città di Potenza in occasione dei festeggiamenti patronali. Resta impressionato dalla moltitudine di persone che si accalcano nel centro storico: una stretta strada che porta ad una larga piazza.
Segue, da una postazione di fortuna, l’arrivo di un pittoresco corteo, composto da uomini e donne con candele accese nelle mani e, al loro seguito, chiassosi ed invadenti braccianti, travestiti da soldati turchi. Il sopraggiungere di un grossa barca, su cui troneggia la figura del venerato San Gerardo, Patrono della città, chiude la sfilata, seguita dalla folla plaudente. La cosa che, maggiormente, incuriosisce lo scrittore è un aerostato con la forma e la figura del Gran Turco che s’innalza luminoso in cielo, come quasi a voler, simbolicamente, significare che il pericolo turco si sta allontanando dalla città e con il suo svanire scompaiono, anche, dalla memoria collettiva le paure nel tempo accumulate. Lo scrittore dà alle stampe gli appunti di quel viaggio che, nel 1847, escono con il titolo: “La Basilicata: impressioni”. Nel pieno della sua popolarità, per strano gioco del destino, la vita di Malpica, improvvisamente, si spegne e con essa una delle voci più attendibili del Romanticismo italiano. A soli 48 anni.