Sant’Uopo non ha mai trovato posto tra i canoni della Chiesa, ma nel paese lucano è venerato da sempre. Il 22 maggio è festa grande nella piccola frazione che porta il suo nome e lì gli è stata edificata una chiesetta ristrutturata da poco. Angelomà vi racconta la storia del Santo così come riportata da Ilpurtiello.blogspot.com
Il 22 maggio i chiaromontesi e molti altri fedeli provenienti dai paesi limitrofi, si raccolgono in ricordo di un uomo vissuto e sepolto nella frazione che porta il suo nome: Sant’Uopo.
Tra le tante storie di santi e uomini di fede che hanno vissuto nella realtà chiaromontese, colpisce la vita di questo “eremita” proveniente dal mare, e di cui non si hanno ancora le origini certe del suo nome (Euplo, Opo, o Uopo), che stabilì la sua ultima residenza nelle campagne a pochi chilometri dal centro abitato.
Ebbe venerazione in vita come in morte per una delle sue grandi virtù: aveva il potere santo di provocare la pioggia.
Questa sua grande virtù, però, non riuscì ad avere dei buoni effetti durante un brutto periodo di siccità. I contadini del paese in preda alla furia per paura di perdere il raccolto, dopo aver supplicato il frate con le buone maniere, non vedendo risultati, lo catturarono e lo legarono ad un albero finché non avesse scatenato una pioggia che avesse giovato il loro lavoro terriero. Dopo tante insistenze da parte dei contadini, il frate cedette, e finalmente la pioggia cadde, e fu liberato.
Oggi, come ormai da moltissimi anni, la giornata del 22 maggio è arricchita da una fiera che percorre la lunga strada verso la frazione, (la Sapri-Jonio), una serata danzante e dei fuochi pirotecnici.
La cappella di Sant’Uopo, più volte in decadimento e ricostruita, nacque lì dove l’eremita visse e morì. La dote di provocare la pioggia era solamente seconda alla sua più grande virtù: Sant’Uopo era un curatore dei traumi fisici.
Nel 1616 la cappella del santo era in decadenza. Il parroco don Giuseppe De Salvo chiese aiuto ai cittadini per poterla rimettere in sesto, e quando ebbero inizio i lavori di restauro, si manifestarono una serie di avvenimenti che arricchirono non solo le virtù di Sant’ Uopo, ma anche la vita dei suoi fedeli
«Una sepoltura seu tumulo con l’ossi interi d’un huomo ben condizionati »: scriveva in una relazione don Giuseppe De Salvo. Nel momento del ritrovamento del sepolcro, da Aliano arrivò un uomo che conduceva un cavallo che trasportava un giovane di 24 anni, Scipione Marazita, colpito da un’artrite che lo paralizzava totalmente dall’età di quattro anni. Il giovane malato fu deposto sul sepolcro del frate. Litania alla vergine e il magnificato accompagnarono questo “rito”.
Al termine delle preghiere, il ragazzo si alzò, meravigliando i presenti, e battendosi i pugni al petto urlò al miracolo. Con grande meraviglia dei fedeli, il ragazzo seguì la processione di ritorno al paese camminando per un lungo pezzo da solo con l’aiuto di un bastone.
Esiste ancora un’altra storia significativa.
Paolo Arbia, di Chiaromonte, devoto a Sant’Uopo, colpito da una paralisi che gli bloccò la parte destra del corpo, e a causa di questa fu affetto da balbuzie, sul punto di morte chiese ai figli come ultimo desiderio che riedificassero la cappella dedicata al santo. La sua forte devozione, e il suo ultimo pensiero, lo unsero con il miracolo del frate. L’uomo riacquistò pienamente la salute. Una storia toccante è anche quella di Giulia Saponara, chiaromontese, che colpita da artrite, dopo un’ovazione al santo, guarì dalla malattia, e come ringraziamento per il miracolo ricevuto, si recò da sola e scalza alla cappella di Sant’Uopo. Vi sono altre storie che riguardano il frate miracoloso, che portarono il parroco don Giuseppe De Salvo a presentare rapporto ai suoi superiori per richiedere la santità dell’eremita. Le richieste del parroco, che per primo punto poneva il miracolo avvenuto al giovane Marazita, e la divinità che il frate aveva tra i suoi fedeli, non convinsero la “Congregazione per le cause dei Santi”, che non concesse il titolo a quest’uomo miracoloso. Bisogna anche ricordare che il vescovo di allora, Bernardo Giustiniani, non diede manforte ai chiaromontesi e al parroco De Salvo. La sua scetticità e le dure leggi che la Chiesa Romana imponeva a quei tempi sull’intitolazione dei santi, nonostante presente a qualche miracolo, non aiutarono a donare al frate eremita la santità. Causa principale, sicuramente, di questa sua non credenza, era proprio una testimonianza storica che raccontava che la tomba in cui Marazita era stato messo prima del miracolo ricevuto, non era sicuramente la tomba di Sant’Uopo. Sant’Uopo, quindi, santo solamente per i chiaromontesi, non ebbe mai posto fra i canoni della chiesa, ma da centinaia di anni ha di sicuro un posto nel cuore di tutti i suoi fedeli.
è una storia emozionante, che avrebbe dovuto avere un seguito negli anni, lottando per un alto riconoscimento verso un uomo umile e povero che donava vita e speranza a chi non ne aveva.
Non è il primo santo che è venerato localmente, ma mai canonizzato ufficialmente. Nulla di nuovo nell’ambito dell’agiografia.