Bibi Bianca, palermitano, è scrittore, autore per il teatro, regista e attore. Tra le sue opere teatrali: E fecero l’Italia; Opera buffa; il Decamerone. Tra i suoi scritti: Da papa Damaso a Clemente IX. Il godurioso regno di infallibili peccatori, santi ed eretici; Il ladro di Palermo, Briganti, Pensiero Bandito, Cartouche, Il ladro di cannoli. Vive tra Palermo e il Brasile
di Bibi Bianca
Borgesi carogne aveva scritto una notte Paolo sui muri dei villini di Mondello facendo incazzare Fulvio.
– L’acca, ti sei mangiato l’acca!
E Paolo se ne stava lì, con i piedi in acqua, radioso sotto il casco di capelli spettinati, con i suoi diciassette anni che si leggevano tutti sul viso.
-È stata la fretta – si giustificò sollevando le spalle.
Pietro tirò le gambe al petto e poggiò la testa sulle ginocchia.
-Chi è Borgesi? – chiese ironico.
-Voleva scrivere borghesi – sogghignò Fulvio – La prossima volta, portati il vocabolario!
Paolo scoppiò a ridere, si sollevò tutto incrostato di sabbia e sudore per trascinarsi sino al marciapiede. Si parò la luce con la mano, il volto ovale, gli occhi socchiusi.
Poi si voltò indietro verso gli altri due, sospesi in una nuvola di sussiego.
– Andate allo stadio più tardi?
Fulvio allargò le braccia in un gesto solenne.
– Certo.
Paolo accantonò il sorriso iniziale per assumere un’espressione ingrugnita.
– Allora ciao…ci vediamo…
I grandi risposero al saluto con un mugugno, senza spostare un muscolo. Pensavano di prendere un panino per poi andare, con tutta calma, alla partita Palermo – Napoli. Giocava Josè Altafini ed erano curiosi di vederlo giocare dal vivo. La curiosità fu pienamente appagata, quel pomeriggio Altafini segnò su rigore e al pubblico che lo fischiava rispose con il classico gesto dell’ombrello. Idea sciagurata ché i tifosi si incazzarono di brutto, tentarono un’invasione di campo, colpirono un guardalinee, bloccarono il passaggio per gli spogliatoi e costrinsero l’arbitro Sbardella a lasciare lo stadio in elicottero.
Paolo attraversò la strada per infilarsi al bar del Sole. Comprò una ciambella, una di quelle grandi tempestata di zucchero e s’incamminò per viale Margherita di Savoia. Ubriaco d’idee e di noia, brancolò sino alla fermata dell’autobus: il 14 scendeva per Pallavicino. Lui abitava in via Cagni dove le case finivano e la campagna si stendeva sino al Parco della Favorita. Lì l’aria era pulita, si vedeva qualche contadino chino sulla terra, annegato nel verde, e ancora più lontana sembrava la striscia sottile di asfalto che sbucava dal Parco per raggiungere il mare.
Davanti al cancello del condominio, accovacciati per terra, suo fratello Salvino e un rosso con la faccia tonda e lentigginosa si scambiavano le figurine.
– Celò, celò, celò, mi manca, celò, celò…minchia! Ciccio Morini…mi manca.
– È introvabile – fece il rosso gonfiandosi tutto.
– Quante ne vuoi in cambio ?
– Almeno quindici.
– Ma sei scemo? Te ne posso dare sette.
– Dodici.
– Dieci.
Paolo entrò nella discussione.
– Le figurine sono tutte uguali, il prezzo di mercato lo fa il padrone. Quando è così alto è sfruttamento…
– Va a cacare! – rispose il rosso senza nemmeno guardarlo.
– Ce l’hai Ho Chi Min ? – incalzò Paolo senza battere ciglio.
– Occimini ? Dove gioca ?
– Guarda nella serie B – disse convinto Salvino.
Il rosso, tenendo l’album sulle gambe incrociate, cominciò a sfogliare.
– Ho Muccini e Vasini del Bari… Occimini, Occimini…
Poi, senza alzare gli occhi, sparò il suo secondo va caca.
Paolo rispose con una smorfia che gli arricciò il viso. Fece alcuni passi. Borbottò. Entrò in casa.
La madre gli venne incontro col grembiule bianco e la fascia tra i capelli.
– Tuo fratello continua a masticare ciunga ?
Paolo si strinse nelle spalle e tirò dritto.
– Salvinooo… – strillò la donna affacciandosi alla porta di casa – fai attenzione che se ingoi la gomma, ti si attacca alle budella e poi devi essere operato…