La questione non può essere se Marcello Pittella copevole o innocente: è più ampia e riguarda il “sistema Giustizia” e soprattutto i suoi tempi che, in Basilicata, stanno condizionando l’azione politica del Partito Democratico. Se la politica inizia a dipendere in toto dalla magistratura è finita!
di Angelomauro calza
“Un coccodrillo gigante tiene tra le fauci un bambino che gioca sulle rive del Nilo; la madre del piccolo implora il coccodrillo di restituirle il figlio, ma il coccodrillo fa la seguente proposta: “Se indovini quello che farò, ti restituirò il bambino”. La madre allora dice al coccodrillo: “Credo che mangerai il piccolo”. Se la madre ha detto il vero, se ha cioè indovinato che il coccodrillo mangerà il bambino, allora in questo caso il coccodrillo ha promesso di restituire il bimbo. Ma se il coccodrillo restituisce il bimbo, significherebbe che non lo ha mangiato, e quindi la donna non avrebbe indovinato e non potrebbe salvare la vita del figlio”. Risultato: in tutti i casi la madre non potrà mai riavere il piccolo se il coccodrillo mantiene la promessa.
E’ uno dei paradossi del mentitore. Ce ne sono altri, ce ne sono tanti, ma per la vicenda attuale che riguarda fatti di giustizia e di politica mi sembra il più appropriato. Io non so, e in fondo in fondo manco mi interessa, se Marcello Pittella è colpevole o innocente, se andavano o meno emessi nei suoi confronti provvedimenti restrittivi della libertà: mi interessa invece e molto, in democrazia, proprio in nome della libertà individuale e della certezza del diritto che Marcello Pittella (non i giornali, non io, non gli amici e i familiari, non la politica) sappia definitivamente in tempi brevissimi (anche se parzialmente ha già saputo) se è ritenuto o meno meritevole di ricevere provvedimenti restrittivi della sua libertà. E di Pittella se ne parla, tanto da farne un personaggio, perché è quello che è: una persona in vista. Ha iniziato sin dalla gioventù quando è stato un piccolo campione di volley. E’ un medico specialista. E’ stato sindaco di Lauria. E’ stato il Presidente del Consiglio Provinciale di Potenza. E’ il Presidente della Regione Basilicata. E’ un politico. E’ tutto questo, eppure dopo 5 mesi ancora ha solo saputo che ci vorrà ancora tempo, perché si dovrà ricominciare quasi daccapo. Ma quanti sono i Marcello Pittella in Italia? Questa è la vera questione. Quanti sono gli sconosciuti o invisibili all’opinione pubblica che hanno vissuto o stanno vivendo situazioni analoghe? E quanti si troveranno giocoforza a doverle vivere nel futuro? E quanto costa vivere queste situazioni? Quanto costa sia monetariamente che sotto il profilo della perdita di onorabilità e credibilità tra la gente? E quanto ci vorrà, in caso di accertata innocenza, per riconquistare stima, amicizie, credibilità perse nel giro della pubblicazione di una prima pagina con foto a corredo di un titolo forte? E in termini di irrecuperabili tempi di libertà, quanto costa? Ecco. Questi gli interrogativi legati al problema principe: i tempi della Giustizia, prima ancora dell’annosa questione della Giustizia giusta, e prima ancora dei nomi e cognomi di chi è coinvolto. Ma chi li ha determinati i fattori che portano la Giustizia ad avere “tempi lunghi” e quindi a minare le possibilità di un cittadino di godere appieno delle libertà che gli spettano? La politica. Essì, quella politica che negli anni ha riformato il sistema Giustizia italiano, che con la necessità di migliorarlo ne ha motivato modifiche e trasformazioni fino alla sua attuale struttura dai più indicata come bisognosa di ulteriori, diverse modifiche. Intanto i Magistrati, pur nella propria, legittima, sacrosanta autonomia, altro non fannO che applicare le leggi e amministrare la Giustizia agendo all’interno delle leggi fatte dalla politica, e muovendosi nei perimetri, vincoli e libertà che quegli stessi legislatori hanno stabilito. Negli anni abbiamo più volte assistito a fatti di cronaca con protagonisti esponenti politici vittime (non sempre, ma spesso) non tanto di Magistrati, come purtroppo raccontato, ma di quelle stesse leggi dai politici varate, e che i Magistrati si sono limitati ad applicare e far rispettare. Ed accade in questo contesto il paradosso tutto lucano di un partito che aspetta l’evoluzione di fatti giudiziari per esercitare il suo ruolo, per stabilire le sue strategie. E’ un limite della politica, o una estremizzazione del sistema in essere? Se la politica inizia a dipendere in toto dalla magistratura è finita! Concludendo come iniziato con un altro paradosso, di riferimento più circolare e meno autoreferenziale, se la Magistratura dice “la politica dice il falso” e la Politica dice “la Magistratura dice il vero”, beh… non si va da nessuna parte! Nessuno dei due dice niente di paradossale, ma la congiunzione delle due frasi lo diventa e causa una pericolosa situazione di stallo. Ciascuno deve avere il coraggio, la coerenza e la responsabilità di esercitare il proprio ruolo in piena autonomia, e, in questo caso, la Magistratura lo sta facendo. Sta al PD, ora, evitare il paradosso.