Lo strano caso delle quote di genere che in realtà come la Basilicata, per il calcolo delle probabilità, esclude a priori la possibilità di essere eletto a chi non è capolista. Le candidature del centrodestra saranno ufficializzate il 10 agosto?

di Angelomauro Calza

 

Nessuna smentita, nessuna conferma: a decidere sarà Berlusconi in persona. I candidati di Forza Italia in Basilicata restano comunque gli uscenti Giuseppe Moles al Senato e Michele Casino alla Camera, ma il Cavaliere pare stia pensando di rinforzare la squadra per ottenere il massimo possibile di consensi lucani e in questo senso non escluderebbe (anzi… ci sta riflettendo) la candidatura di tutti i Consiglieri e assessori regionali, Presidente compreso. Così si spiegano le voci che vedrebbero candidato Vito Bardi nonostante le sue dichiarazioni della scorsa settimana che escludevano questa eventualità. Sarà tutto più chiaro il 10 agosto, quando pare che il Centrodestra ufficializzerà tutte le candidature.

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Per lui resta comunque in piedi la candidatura più realistica: quella del bis alla Regione, fatto questo che lascia intendere che la sua alle Politiche, sarebbe una candidatura di servizio al pari di quelle eventuali di Cupparo, Piro e Bellettieri. Per le quote rose i nomi restano sempre quelli di Ivana Pipponzi e Gabriella Megale.

Ivana Enrica Pipponzi

Ivana Enrica Pipponzi

Già, le cosiddette “quote rosa”. In realtà si deve parlare di quote di genere, che in Italia sono previste per almeno il 40 per cento. Se applichiamo questo alla legge elettorale vigente, e poi alle realtà come la Basilicata che è collegio unico, con soli 7 parlamentari da eleggere, con percentuali poi rapportate al dato nazionale… beh profetizzare gli eletti richiede ben più che un consulto dal Mago Othelma! E’ un bel rompicapo! Eggià, perchè non si ha certezza di nulla o quasi.

Bardi e Berlusconi

Bardi e Berlusconi

Per cui solo una candidatura all’uninominale o un posto da capolista al proporzionale potrebbe dare possibilità più alte di elezione. In questo momento i nomi che circolano tra i possibili/probabili sono solo di uomini, e i posti per le donne nelle liste non sarebbero quelli da capolista. In soldoni, nessuna donna probabile di qualunque partito candidata – al momento –rientra nel novero delle possibili elette già par il solo fatto di non essere capolista. Esistono le candidature di servizio, vero, casistica che nel passato – ad esempio – ha visto due volte candidata Lucia Sileo, della Direzione nazionale del PD, che pare abbia già fatto trapelare che non accetterebbe un terzo impegno da predestinata alla non elezione a priori. Una situazione quindi poco bella e poco chiara, perché alla fine rimarca ancora una volta e una volta di più quanto gli uomini prevalgano sul sesso opposto.

lucia sileo

lucia sileo

Ma le donne che accettano ugualmente di candidarsi pur sapendo di non essere elette? Cioè, a meno che non sia davvero una scelta di fede e di servizio al proprio partito, quelle che decidono di candidarsi dopo aver ceduto alle lusinghe di un segretario o di un esponente di partito per il solo gusto di farlo, di vedere il proprio nome sui manifesti, che vivono la gloria effimera di 30 giorni di campagna elettorale per poter stringere mani, regalare sorrisi e dire poi “io c’ero”, perché lo fanno? Certo, vale anche per gli uomini, ma per le donne equivarrebbe ad una sorta di ripristino della vecchia definizione di donna-oggetto, che sta là perché una legge ha imposto agli uomini di candidarle (non facciamo sofismi: le candidature le decidono gli uomini, quindi la legge a noi lo ha imposto, non a loro, anche se vale la proprietà transitiva…). Una accettazione quindi di uno status che è stato motivo di mille battaglie e di decenni di lotta fino ad oggi, quando tante di queste battaglie sono state vinte. Almeno così sembrerebbe. Evvabbè, ma allora a che pro questa riflessione? Beh, la speranza è che le donne si ribellino ancora, pretendendo stavolta, ove il caso e ove possibile, quel posto da capolista che non dà certezze, ma tante speranze. Ribellarsi, sì, ma come? Beh, magari minacciando che nessuna donna si candiderà se non sarà accettata la richiesta: non sarebbe in quel caso ammessa una lista di soli uomini, e un partito non potrebbe permettersi di non essere ai nastri di partenza, dovrebbe cedere. Una piccola rivoluzione, un piccolo segnale di cambiamento e di rinnovamento di quelle candidature che sono sempre le stesse da decenni. Un segnale all’elettorato che potrebbe così avere un motivo davvero serio per recarsi alle urne.

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