Contro il regionalismo differenziato il centrosinistra chiede sostegno ai meridionali residenti nel Settentrione dopo che politiche sbagliate li hanno costretti a lasciare terre e famiglie e costruirsi un futuro altrove

 

di Angelomauro Calza

 

“I meridionali che vivono al Nord devono firmare per il referendum contro la legge Calderoli sul regionalismo differenziato. E dobbiamo convincerli a farlo. E se la Corte Costituzionale poi ammette il referendum, dobbiamo svolgere un’azione persuasiva perché gli stessi firmatari vadano alle urne e votino “SI”, e convincano altri meridionali a farlo”. Questo il centrosinistra e i sindacati, non ultimo ieri la CGIL a Matera, stanno predicando. Certo, ci mancherebbe, questo deve essere e questo si spera che sia. Ma… ci sono dei ma, e ritorna alla memoria la frase ormai celebre di Fini che quando Berlusconi mise fine alla collaborazione con lui disse in pubblico al Cavaliere: “Che fai? Mi cacci?”. Innanzitutto chiediamoci perché questi meridionali ora vivono al Nord. Sintetizzando e fatte salve le situazioni di libera scelta (ma quella vera!), possiamo senza tema di smentite affermare che vivono al Nord perché lì hanno trovato lavoro, i giovani ci stanno perché lì si studia e al termine del percorso formativo trovano più facilmente collocazione nel mondo del lavoro. Cioè stanno al Nord perché il Sud non ha saputo e potuto trattenerli e, no riuscendoci, di fatto li ha cacciati. Stesso discorso vale per chi dall’Italia si trasferisce all’estero, fatte salve le libere scelte (ma quelle vere!). Sì, qualcuno dirà che se un giovane neurochirurgo se ne va negli Stati Uniti ad esercitare la professione è per libera scelta. Non sempre, dico io: magari se ne va perché negli ospedali e nelle Università italiane vige la legge che è più bravo chi ha più sostegni politici e familiari che gli fanno fare carriera, poi l’intervento chirurgico vada come vada e alla malora la meritocrazia! E quando si parla di “fuga di cervelli” mi chiedo se invece non sia nei fatti una “cacciata” di cervelli. Non è una fuga, è una costrizione che decenni di politiche sbagliate che non hanno salvaguardato tutte le potenzialità degli italiani come dei meridionali hanno provocato quelle che chiamano “fughe” dal Sud e dall’Italia verso altri lidi, ma che in realtà fughe non sono, ma unico sbocco per potersi realizzare e costruire un futuro, unica via d’uscita, unica ancora di salvataggio: queste persone sono state in realtà e nei fatti scacciate dal Sud e dall’Italia. Scacciate da chi non ha saputo e/o voluto creare le condizioni perché ciò non avvenisse. Sono state le politiche (?) attuate a far sì che venisse stravolto anche il concetto stesso di famiglia, che hanno impedito che si continuasse a vivere tutti insieme, in famiglia, la famiglia lavorando laddove fosse possibile il rientro a casa la sera. E’ stata praticamente devastata la struttura stessa delle società soprattutto dei piccoli borghi. Non ci sono più bambini che schiamazzano all’entrata e all’uscita da scuola, e al pomeriggio quando finiti i compiti si ritrovavano per strada a giocare a “piripìzzòzzò”, ma non ci sono semplicemente perché non ci sono bambini. Sì, certo, tablet e telefonini hanno contribuito, specie dopo il Covid, all’isolamento degli individui anche giovanissimi che sempre più rifuggono dagli incontri che non siano virtuali, ma resta il fatto che i giovani al Sud non ci sono più, le classi scolastiche diminuiscono, e si preferisce andare via perché la politica non ha saputo trattenerli, non ha saputo offrire incentivi, stimoli e occasioni per evitare che partissero. E allora, se questa politica degli anni passati, soprattutto quella di sinistra, che comprende partiti e sindacati con eguali responsabilità (di inefficienza, incapacità, impreparazione e quant’altro), non si è occupata del futuro di allora, che poi è il tempo che stiamo vivendo oggi, come si fa a chiedere a un giovane che è stato scacciato dalla sua casa di apporre una firma per evitare che la sua casa crolli? Con quale faccia? Ma certo che se un giovane vive al nord, costretto lì in esilio da un Sud che non lo ha saputo trattenere e che lo ha spinto ad andare via, alla fin fine si fa il pari e dispari e si convince che se regionalismo differenziato deve essere, che lo sia: tanto vive al Nord, che da questa legge spaccaItalia ha tutto da guadagnare. Una vendetta? No, soltanto la considerazione di ottenere il massimo vantaggio da una condizione non voluta, ma implicitamente imposta da chi ha grandi responsabilità sulle dinamiche che hanno portato il Parlamento a legiferare sul regionalismo differenziato: la destra, che ha governato negli ultimi decenni più della sinistra, certo, ma sinistra e i sindacati devono fare un esame di coscienza e ammettere che se la destra è andata al Governo è stato anche per loro incapacità a soddisfare le richieste di politiche soddisfacenti da parte degli italiani. Quella sinistra e quei sindacati che ora chiedono ai giovani non di ritornare perché la situazione sta cambiando, ma una firma per dare un senso all’ennesima battaglia che serve a dare anche un senso alla loro sopravvivenza al Sud, a darsi una ragione di esistere, dopo che non si sono manco resi conto negli anni che le politiche sostenute hanno creato una sorta di suicidio di massa di sinistra, sindacati e buona parte di democrazia. Alla fine, siamo certi che quell’Italia resa unita dal generale Garibaldi la stia rispaccando il capitano Salvini? Non è che la vera responsabilità è di chi negli anni ha creato le condizioni perché la Lega e la destra potessero sciaguratamente frammentarla? FAtte queste considerazioni, tornando a bomba, resta il fatto che l’autonomia differenziata accentuerà senza scampo tutto quanto sopra detto, quindi non solo non risolve le differenze (negative per il sud e in verità anche per le aree interne o montane dello stesso nord), non tiene conto del valore aggiunto di sviluppo che proprio i lavoratori emigrati dal sud nei vari decenni post guerra hanno contribuito a determinare e certamente non produrrà condizioni migliori nel futuro nemmeno a quelle aree che si vogliono avvantaggiare: “I cazzetti (di ieri e di oggi) tra sinistrelli, fascistelli e berlusconini poco rilevano” mi disse l’altra sera un attento e acuto osservatore.

 

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