Il pronunciamento del TAR: parità di preferenze, a casa un ex assessore in Consiglio regionale un altro solo per il posizionamento in lista. Natale in agrodolce in Fratelli d’Italia
di Angelomauro Calza
Ah, la democrazia! Dove la rappresentanza di genere propagandata alla fine non conta, ma la posizione in lista sì. I fatti. Il Tar di Basilicata, dopo aver esaminato il ricorso prodotto dall’ex assessore regionale alle Infrastrutture Donatella Merra, seconda dei non eletti alle scorse elezioni Regionali per 5 voti di differenza rispetto ad Alessandro Galella, poi subentrato in Consiglio a Carmine Cicala (tutti di Fratelli d’Italia) entrato a far parte della Giunta, ha dichiarato la parità di voti tra i due. I Giudici amministrativi hanno applicato e citato a motivazione del pronunciamento il comma D dell’articolo 20 della legge regionale 20 del 2018 che stabilisce che a parità di cifre individuali prevale l’ordine di presentazione nella lista.
Nella fattispecie Galella era al terzo posto, Merra – che ha presentato ricorso e richiesta di riconteggio dei voti – all’ottavo. Niente da obiettare: le sentenze, in democrazia, non si giudicano: si rispettano o si impugnano, ma questa è una questione che riguarda la Merra: ricorrerà al Consiglio di Stato? Accetterà il pronunciamento senza colpo ferire? Staremo a vedere. La questione che invece salta agli occhi è che le associazioni femministe lucane, tutte, di destra e di sinistra, che solitamente gridano a gran voce contro ogni torto vero o presunto verso le donne, sembrano riservare il loro silenzio a quelle donne che non rientrano nel profilo ideologico perfetto. Quasi come se quello che una volta si chiamava femminismo e ora lotta per la parità di genere, invece che un movimento di solidarietà, fosse diventato una sorta di club esclusivo dove l’empatia si ferma quando non si allinea con certe visioni politiche. O, peggio, basandosi su simpatie o antipatie, anche queste vere o presunte.
Ma ehi, chi siamo noi per giudicare? E la volontà popolare è davvero il fondamento della democrazia? Così si proclama, ma la realtà smentisce troppo spesso i grandi principi, trasformandoli in formule vuote, ripetute per convenienza e abbandonate al primo ostacolo. Nel caso del ricorso elettorale Merra-Galella, il TAR ha decretato un pari che nei proclami di queste associazioni e movimenti parità un pari non è, perché ignora la necessità di riequilibrare la rappresentanza tra uomini e donne in cariche elettive. E questo non certo per colpa o volontà del TAR, la sentenza non è assolutamente in discussione, perché è un pronunciamento legittimo sancito da una legge regionale. Sono le norme regionali, infatti, a stabilire che, in caso di parità di voti, prevalga l’ordine di lista. Una scelta anacronistica in un’epoca in cui il genere femminile continua a scontare un accesso marginale al potere.
Al posto di adottare criteri che promuovano l’equità e colmino il divario di genere, si opta per formalismi che garantiscono lo status quo, affinché tutto sembri cambiare e nulla cambi davvero. Se questo è, non sorprende, dunque, che il consigliere uomo ne esca avvantaggiato, mentre il silenzio di chi si erge a paladino delle politiche di genere suoni come una sconfitta collettiva (oh, chi scrive è un uomo, ma uno di quelli che crede in questi principi e sta dalla parte delle donne quando rivendicano parità). Le Erinni della parità, sempre pronte a infiammarsi nei proclami, non è che oggi si voltano dall’altra parte? Per di più di fronte a un caso concreto che meriterebbe ben altro clamore? Dove sono le donne della politica e della società civile, che dovrebbero manifestare indignazione e compattezza? Invece di agire come una catena solidale, si assiste a una distrazione di massa e di genere. E gli organismi che promuovono la parità? Istituiti a tutti i livelli e tutti affidati a donne, perché restano inermi? Sembrano non prevedere le situazioni e intervenire in questo frangente inducendo nell’immaginario collettivo l’impressione di essere strumenti di cooptazione più che di trasformazione. Il risultato è che la Basilicata resta pesantemente indietro rispetto ad altri contesti regionali, nazionali ed europei, nonostante abbondi di professioniste del femminismo, che notiamo sempre più impegnate in convegni che in battaglie concrete e possibili di vittoria. E allora allunghiamo il titolo del famoso inno alle donne di Fiorella Mannoia: Quello che le donne non dicono… e non fanno! Ma perchè?
Il caso di Merra è molto più di un contenzioso elettorale: è il simbolo di un sistema che, di fatto, non tutela le donne in politica, mantenendole subalterne a regole che ignorano la necessità di riequilibrare una rappresentanza storicamente sbilanciata. Non vuole questa essere una presa di posizione in favore della Merra e contro Galella, sia chiaro: è una presa di posizione contro il silenzio delle donne e degli uomini che sempre predicano uguaglianza e parità di genere e non colgono questa occasione per farsi sentire non contro un legittimo pronunciamento del TAR, non contro Galella, ma in favore di una revisione della legge elettorale che regolamenta le elezioni regionali lucane. Basterebbe poco: approvare una modifica alla legge vigente che stabilisca che a parità di cifre individuali prevale l’ordine di presentazione nella lista solo nel caso di diatriba tra due candidati dello stesso genere, e che invece faccia prevalere l’elezione della donna in caso di contenzioso tra persone di genere diverso. Tutto qua. Una cautela per il futuro. Mi sarebbe piaciuto riproporre per gli auguri di Natale il fotomontaggio di copertina, con il Presidente Bardi di fianco a Donatella Merra, in costume natalizio, di fianco a un albero addobbato a dovere, augurare simpaticamente “Merra Christmas” ai lucani, come un modo simpatico e informale per sancire il ritorno in Consiglio regionale di Donatella Merra. La speranza è che in rappresentanza di una qualche associazione o istituzione, qualche combattiva donna, simbolo di battaglie per la riaffermazione concreta della parità di genere, appena terminato di friggere i tradizionali cauzuncielli con la crema di castagne e le zeppole natalizie trovi il tempo per dire pubblicamente ai media la sua nel merito della questione: non per criticare una sentenza, non per giudicare Alessandro Galella, ma per sollecitare il Consiglio regionale a ridiscutere la legge elettorale vigente e trovare il modo di assicurare davvero e nei fatti una maggiore presenza rosa in Consiglio regionale. E comunque, poiché il futuro può riservarci di tutto, io nel caso dovessi trovarmi in odore di candidature, porrò in essere come prima cosa tutto quanto necessario per cambiare il mio cognome da Calza in Aba: sai com’è? Certe volte dovesse poi servirmi essere il primo in ordine alfabetico? Non si sa mai. E a scanso di equivoci da Angelomauro chiederò di chiamarmi Abele, avessema fa che… Vabbè, Buon Natale a tutti.