Fa discutere sui social l’iniziativa della lista Nuovorizzonte Tito che invita i cittadini a inviare segnalazioni su cose che non vanno impegnandosi a garantire la segretezza
di Angelomauro Calza
Sta facendo discutere da qualche giorno sui social una iniziativa della lista Nuovorizzonte Tito, che rappresenta la minoranza all’interno del Consiglio comunale del paese. In buona sostanza si tratta di una iniziativa atta a promuovere l’invio in anonimato di segnalazioni su cui la minoranza può costruire meglio la sua azione politico-amministrativa utilizzando un modulo appositamente predisposto che garantisce il cittadino che vuole mantenere l’anonimato. Discussione accesa su Facebook tra chi attacca e chi difende, discussione che in alcuni commenti lascia l’impressione di trascendere dalla questione più prettamente politica. Chi ha torto e chi ha ragione? Tutti. Se siamo in un paese democratico, salvaguardando i limiti della decenza e non scadendo nelle offese gratuite e personali, siamo tutti liberi. Liberi di pensare e di fare. E liberi di dire. E se si pratica (dopo averla sbandierata di continuo) la libertà ecco che la discussione è sempre produttiva e positiva e può essere presa ad esempio – come in questa mia nota – per essere spersonalizzata dal contesto e dal perimetro titese ed esportata fino a confini illimitati.

Piazza del Seggio a Tito (foto dal sito del Comune di Tito)
Prendo questo elemento come fondante e primario per esprimere in libertà il mio pensiero, partendo dal presupposto che mi pare comunque azzardato, anche se non completamente improprio, utilizzare riferimenti o analogie così, sic et simpliciter, con il “whistleblowing” in essere presso le aziende pubbliche e private (non nella vita politico-amministrativa quotidiana delle Amministrazioni comunali): anche quello non ha trovato e non trova ancora unanime consenso, c’è chi ne parla bene e chi ne parla male, solo che è stato imposto per decreto e quindi va accettato e basta. Qui invece si parla di pratiche democratiche applicate alla vita sociale di una comunità (un paese, una regione, uno stato), che si costruisce tutti insieme, non si determina per decreto. A mio parere le segnalazioni anonime non sono sinonimo di democrazia perché la democrazia si basa su principi di trasparenza, responsabilità e partecipazione attiva dei cittadini. Ma è un mio pensiero e rispetto quello altrui. Quando qualcuno segnala in anonimato, manca l’elemento della responsabilità personale e della trasparenza, che sono fondamentali in un sistema democratico. Ma è un mio pensiero e rispetto quello altrui. Inoltre, l’anonimato può portare a malintesi, diffamazioni o attacchi ingiustificati, minando il dialogo aperto e costruttivo che è essenziale in una società democratica. Ma è un mio pensiero e rispetto quello altrui. In sostanza, la democrazia promuove la comunicazione aperta e onesta, mentre le lettere anonime possono ostacolare questo processo. Ma è sempre un mio pensiero e rispetto quello altrui. C’è poi un altro elemento: e se tale strumento si rivelasse un’arma a doppio taglio per chi l’ha pensato? Se le segnalazioni anonime vanno a colpire – solo a mò di esempio – non solo l’Amministrazione in essere, ma qualcosa o qualcuno che appartiene alla minoranza? Al soggetto che ha promosso l’iniziativa? Che succede? Si darà ugualmente seguito e verrà utilizzata la segnalazione con onestà intellettuale e con spirito di autocritica o si cestinerà? Oh, parliamoci chiaro, non è che se un imene grazie alla chirurgia plastica viene ricostruito la persona che si è sottoposta all’intervento può dirsi vergine! Può dirsi esperta, questo sì, e magari fino al punto di scatenare godurie indicibili, ma di certo non è più come mamma l’ha fatto alla nascita! E questo vale per tutti, dall’estrema destra all’estrema sinistra! Ma anche questo è solo un mio pensiero. Infine un dubbio che mi pongo e sottopongo: il che cosa si dovrebbe o potrebbe segnalare. Ecco allora che mi chiedo: se sono cose da poco perché segnalarle in maniera anonima? Prendo il cellulare, telefono a un consigliere e gliele racconto. Che male c’è? E se invece sono cose gravi? Perché segnalarle in maniera anonima a una formazione politica? A quel punto la segnalazione, anonimo per anonimo, mi decido e la mando direttamente ai Carabinieri, alla Finanza o alla Procura della Repubblica, no? Tanto è anonima. E però c’è chi legittimamente pensa che ci si possa fidare di più di un amministratore, e poiché siamo in un paese libero, è giusto rispettare che la pensi così. E allora la conclusione è che se c’è chi pensa che per risolvere alcuni problemi – o quantomeno venirne a conoscenza per tentare di risolverli – la pratica dell’anonimato diffuso sia un mezzo efficace, allora che lo pensi e lo dica liberamente. E se c’è chi invece la pensa all’esatto contrario lo pensi e lo dica liberamente. E ciascuna parte avversa rispetti l’idea dell’altra, ma nessuno si azzardi ad affermare che la ragione sia solo dalla sua parte. Io non so se ho ragione o meno, ma sono dalla parte della democrazia e pratico libertà e lo dico così, apertamente, senza timori e conscio che riceverò critiche, ma non le temo: le accetto e semmai ne discuto. INtanto ringrazio Nuovorizzonte che ha dato spunto per parlare di libertà e democrazia applicata al nostro vivere quotidiano di italiani ed europei e non solo titesi.