Intervista al giornalista scrittore lucano che analizza le dinamiche politiche delle ultime settimane. Margiotta meglio in Azione o Italia viva, Lacorazza comunista ortodosso, Chiorazzo ha da dimostrare.
di Angelomauro Calza
Non si può negare che le settimane che hanno preceduto la presentazione delle liste e dei candidati Presidente siano state caratterizzate da animosità, agitazione e inquietudini spesso tracimate in ostilità reciproche. C’è stato chi la mattina si svegliava pregustando l’odore del napalm, ma poi preferiva la commistione di quelli del caffè e della fragranza del cornetto appena sfornato alla Milanese, dove tutti i politici prima o poi finiscono per fare colazione. Insomma in Basilicata ne abbiamo viste di tutti i colori sin dallo scorso mese di luglio. La palla è poi rimbalzata a Roma e gli occhi lucani scrutavano la capitale in attesa che dal caput mundi giungessero sentenze. Insomma, per dirla in musica, “ho visto lei che bacia lui, che bacia lei, che bacia me”, per poi finire… al secondo posto: “I p’ mè, tu p’ te”. Ma, metafore a parte, cosa sta accadendo davvero in politica? Cosa è successo a destra e a sinistra negli ultimi mesi? Abbiamo raccolto alcune riflessioni del noto scrittore e giornalista Andrea Di Consoli.
Andrea noi viviamo in Basilicata dove arrivano di riflesso, ma in maniera prepotente, le dinamiche degli ambienti politici romani. Probabilmente sulla scia di questo anche qui si è molto discusso, si è vista qualche situazione particolare, per esempio le politiche degli ultimi tempi di Renzi e Calenda che titubavano se andare con il centrosinistra o a destra, poi hanno fatto delle scelte e in Basilicata di questo si è parlato e si parla, una discussione però con al centro una figura storica del centrosinistra e del socialismo locale: Marcello Pittella e la sua decisione finale. Dal tuo osservatorio, di scrittore e giornalista che vive prevalentemente a Roma, come vedi la situazione in Basilicata?
Da Roma la si è vista così come in Basilicata, non ci sono parametri diversi di valutazione. L’abbiamo vista come una questione possibile che riguarda il tema dei centristi, dei riformisti all’interno del centrosinistra. La segreteria Schlein ha spostato molto a sinistra le posizioni massimaliste del PD. Ma il Partito Democratico è forte e ha una vocazione maggioritaria se al suo interno riesce anche a inglobare e valorizzare le culture centriste, le culture cattoliche, liberali, riformiste e socialiste. È normale che se il PD si rifà unicamente alla tradizione comunista, moralista berlingueriana, è inevitabile che il partito in qualche misura si svuoti di quella componente di cui parlavo prima. Aggiungo che il campo largo non è altro che la sommatoria di due massimalismi, ormai a trazione Conte, benchè Conte sia più debole elettoralmente rispetto al PD. Però di fatto l’agenda la detta Giuseppe Conte, perché ha una virulenza comunicativa che Elly Schlein non ha, perché è molto più signorile di Conte. In quest’ottica la sofferenza di Italia Viva e di Azione all’interno del centrosinistra è evidente. Ora devo essere molto sincero su questo, queste contraddizioni in un piccolo microcosmo come la Basilicata, incominciano nel 1976. Ma come è possibile leggere la vicenda di Pittella, di Mario Polese, di Calenda e Renzi partendo dal lontano 1976? Tutto comincia dall’Hotel Midas di Roma. Da quel momento in poi si innesca con il Partito Comunista una definitiva dialettica distruttiva, di reciproche incomprensioni e ostilità, anzitutto di parte comunista, per cui di fatto si sancisce qualcosa che ancora non è stato compreso dai riformisti, e cioè che i riformisti liberal-socialisti non sono compatibili con i comunisti, post-comunisti massimalisti: non lo sono in alcun modo. Cioè il vecchio schema social-comunista non è assolutamente riproponibile, e quando lo si ripropone può durare solo perché ci sono delle fortuite circostanze o perché ci sono delle personalità socialiste più schiacciate a sinistra, ma di fatto i socialisti possono stare con i comunisti a una condizione: che siano subalterni. Ma nel momento in cui i socialisti riformisti rivendicano una propria autonomia, un proprio orgoglio, in quel momento i comunisti diventano scientifici nell’eliminarli. Ti faccio solo un esempio. Quando ci furono le primarie del 2013 all’interno del Partito Demomcratico per il candidato Presidente della Regione Basilicata, la lotta cruenta fra Pittella e Lacorazza fu più cruenta rispetto a quella di Pittella con il suo avversario di centrodestra poi alle elezioni. Sostanzialmente Pittella e Tito Di Maggio si rispettavano, mentre Lacorazza e i suoi non hanno mai riconosciuto moralità, capacità, dignità a Pittella.
Il nemico è stato Marcello Pittella. Poi se mi chiedi se la famiglia Pittella è esente da vulnus ti rispondo no: è una dinastia politica che ha un’idea del controllo elettorale di filiera corta, e dunque non mi sfuggono le criticità del sistema Pittella. Ma Marcello Pittella è un socialista di razza, un garantista, un riformista, un dialoghista, uno che sa dialogare, uno che tratta e sa gestire la complessità, la sa governare senza moralismi, rispettando tutti i poteri dello stato, ma con un’autonomia forte, un suo pensiero. Questo i comunisti non lo hanno mai accettato.
Ma ha ancora un senso oggi parlare di comunisti?
Sì, ha senso, lo rivendico con scientificità: il comunista è convinto che esistano i buoni e i cattivi, è convinto che chi è imprenditore è un ladro, il comunista è convinto che il potere sia cattivo a prescindere, il comunista è sempre convinto che chi governa la complessità con un occhio di benevolenza nei confronti dell’impresa è un venduto del sistema, il comunista è sempre uno che deve eliminare l’avversario con metodi indegni tipo l’uso politico della giustizia.
Quindi anche giustizialista?
Certo. Il comunista è portato ad avere atteggiamenti leninisti: giustizia del popolo, tribunali del popolo, damnatio memoriae, emarginazione, e soprattutto superiorità morale. Cioè il comunista è sempre convinto di rappresentare una superiorità morale, il socialista invece è consapevole delle contraddizioni dell’animo umano ed è portato a essere più indulgente verso quello che Kant definiva “il legno storto dell’umanità”. Invece il comunista è convinto che il legno storto si possa raddrizzare, e, se non lo raddrizza, lo sega, lo butta o lo brucia. È questa la forma mentis massimalista dei comunisti: intolleranza, settarismo, moralismo, ma poi guarda caso con ipocrisia da doppia morale quando vanno al governo i comunisti sono scientifici e crudeli nel sistema clientelare, nella gestione del potere, nell’occupazione di tutte le caselle, e smentiscono di fatto tutto quello che dicono.
Ma non è che in Basilicata si è raggiunto una sorta di compromesso storico visto che uno degli assi all’interno del PD è quello formato da Margiotta e Lacorazza, un ex democristiano e un ex comunista che ora stanno insieme? Questo vuol dire che probabilmente il Partito Democratico non è in effetti mai nato e che raccoglie in maniera asettica pezzi di politica o residuati di partiti senza un amalgama e un’intenzione comune che non sia quella del potere?
Stando al caso specifico, Margiotta, a differenza di Lacorazza che parla sempre con la convinzione di avere la verità in tasca, è un uomo profondo, tormentato, inquieto. La collocazione naturale di Margiotta sarebbe quella in Azione o Italia Viva. Il fatto che lui sia rimasto nel Partito Democratico è un fatto legato alla disperazione di un politico di razza che a un certo punto ha deciso di rimanere nel PD sperando in uno spostamento al centro del partito. Questa cosa non è riuscita e, per calcoli e senso di responsabilità, è rimasto all’interno del PD, cercando spazi di manovra, ma sono spazi di manovra tattici e non strategici. Strategicamente e culturalmente Salvatore Margiotta, che è una persona che stimo molto e con cui dialogo da molti anni, la sua collocazione finale è con Azione o Italia Viva, lui si trova bene culturalmente e ideologicamente con questi leader politici. Ma per senso di responsabilità e per tattica ha deciso di trovare un suo spazio nel Partito Democratico, ma è pura tattica. Margiotta è stato vittima di quella concezione massimalista e settaria di cui parlavo prima. Lui è stato una delle principali vittime. Quando arrivò Renzi alla segreteria, il suo riformismo cattolico e liberale fu premiato, in qualche misura. Lacorazza, invece, rappresenta in fondo una politica molto settaria, una politica arrogante, quando Lacorazza parla è sempre ieratico e ortodosso, degno erede di quella cultura della superiorità morale dei comunisti. Io non leggo in maniera strategica o metaforica l’asse Margiotta-Lacorazza, ma come un disperato tentativo di Margiotta di avere un suo protagonismo. Aggiungo, se mi posso permettere, che trovo scandaloso che il PD non abbia saputo valorizzare la figura di Salvatore, che è un uomo di larga esperienza politica, un uomo che conosce il governo, i problemi del territorio, quelli nazionali, è uomo di trattativa, di dialogo, di mediazione. Margiotta lo avrei visto meglio in questa disperata, ma necessaria chiarificazione politica attuata da Azione e Italia Viva, che hanno deciso di andare con il centrodestra. Permettimi che dica da socialista craxiano quale sono che personalmente condivido la scelta di Azione e Italia Viva in Basilicata al 100%.
Un giudizio sul movimento Basilicata Cosa Comune. Alla fin fine le due grosse novità di questa pre-campagna elettorale sono quella del passaggio di MarcelloPittella dal centrosinistra al centrodestra e soprattutto la nascita di questo soggetto civico che si propone come novità al popolo del centrosinistra.
Chiorazzo è sicuramente un professionista importante, di grande valore. Io tendenzialmente sono un po’ diffidente nei confronti dei movimenti personalistici. Il leaderismo in politica è ormai un dato strutturale, però all’interno dei partiti organizzati, dove almeno è un elemento sostanziato da congressi, procedure, condivisioni, collegialità che in qualche misura decretano le leadership. Invece nel caso del movimento di Chiorazzo vedo un movimento personalistico, fatto sicuramente da una persona di valore, che però non ha ancora dimostrato, per un fatto anche temporale, di che natura è fatto, con quali obiettivi si muove, con quali tipi di orizzonte e strategia; è probabile che se avrà un risultato importante diventerà lui leader del centrosinistra in Basilicata, può darsi che diventerà segretario del Partito Democratico, non so cosa accadrà. Per il momento lo guardo con interesse, ma con qualche sospetto. Però se mi permetti vorrei dire una cosa…
certo, dici…
…in Basilicata, lo stanno notando in pochi: la politica la possono fare sempre di più solo i ricchi…
…beh, non solo in Basilicata se mi consenti
Sì, certo. La politica la possono fare sempre di più solo i ricchi ed è una cosa che mi rattrista moltissimo. Possono fare la politica coloro che non hanno niente da perdere, che hanno delle grandi risorse personali per fare campagne elettorali, che riescono a tenere vivo un meccanismo anche comunicativo che è molto costoso. Questo è qualcosa che ritengo sbagliato, lo dico da socialista, perché la politica dovrebbe dare opportunità a tutti. Ecco perché i partiti sono fondamentali nel mettersi a disposizione della comunità. Voglio anche dire che trovo veramente triste che la dura guerra delle preferenze non preveda quasi più il voto di opinione, è qualcosa che io trovo molto triste e che deve interrogare profondamente non soltanto i partiti ma anche gli stessi cittadini. Perché è vero che i cittadini hanno sempre ragione, ma fino a un certo punto. Noto una deriva, un peggioramento, per cui questa cosa che ogni voto è frutto di una relazione corta, di un favore, una promessa, un legame, un’amicizia, qualcosa di non legato a una valutazione politica, io lo trovo molto triste. Oramai la politica tendono a farla soprattutto quelli che hanno i soldi, in Basilicata ci sono alcuni milionari che ormai hanno in mano la politica lucana e lo ritengo un segnale preoccupante.
Quindi? Per concludere questa chiacchierata?
Quindi io condivido la scelta di Marcello Pittella e ho condiviso la scelta di Italia Viva da qualche anno di avvicinarsi laicamente e riformisticamente al governo Bardi, perché penso che Azione e Italia Viva possano stare nel centrosinistra se il centrosinistra è riformista, laico, garantista e liberale. Se il centrosinistra diventa settario, arrogante, giustizialista, moralista, e questo vale in Basilicata e anche a livello nazionale, Azione e Italia Viva non possono che andare con il centrodestra, perché se i comunisti prevalgono nel centrosinistra massimalista, i socialisti verranno sempre marginalizzati ed esclusi e trattati a pesci in faccia. E quindi, se il PD non è centrista, il posto dei socialisti e dei riformisti è nel centrodestra, lo dico con dolore ma convintamente.
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Magistrali i giudizi di Di Consoli sui comunisti, che sopravvivono nel PD e cascami.