Ma il Governo aveva già diffidato la Basilicata a ripianare il deficit?  Bardi Commissario ad acta è certificazione che anche la nostra Regione è in deficit. Gli interrogativi tecnici e politici della situazione.

di Angelomauro Calza

Dopo le notizie riguardanti il commissariamento ad acta della Sanità lucana, Angelomà ha ritenuto, al di là delle valutazioni, commenti e giudizi che circolano da ieri, di approfondire la questione dal punto di vista prettamente tecnico con una puntatina alla politica. Ma quante Regioni sono in queste stesse condizioni? Attualmente il sito del Ministero della Salute (dati al settembre 2023) dice che sono sette le Regioni interessate agli accordi per i Piani di rientro (e due di queste sono sotto commissario) e c’è il rischio che a queste potrebbe aggiungersi la Basilicata. In soldoni, un terzo delle Regioni italiane soffre di un importante deficit strutturale della Sanità. Ma pensiamo ai fatti nostri, i fatti lucani. La questione del disequilibrio economico finanziario della sanità regionale suscita alcuni interrogativi. Per un verso di carattere tecnico, per l’altro di carattere più propriamente politico. Si citano tanto sia i Tavoli tecnici presso il MEF, sia la questione del commissariamento. In ordine. Dovendosi riferire alla disciplina del comma 174, art 1 della legge 311/2004, emerge chiaramente che la Regione è tenuta a contrastare eventuali disavanzi finanziari e ad assicurare l’equilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali.

Il Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi

A questo fine è tenuta ad assicurare il riequilibrio dei conti. E deve adottare i necessari provvedimenti di riequilibrio. In assenza, qualora dal monitoraggio si evidenzi un disavanzo a fronte del quale non sono stati adottati i provvedimenti di riequilibrio, il Governo diffida la Regione a provvedervi. Se la Regione non adempie entro i successivi 30 giorni (30 maggio dell’anno successivo a quello di riferimento) il Presidente della Regione – in qualità di commissario ad acta – è tenuto ad approvare il bilancio consolidato del servizio sanitario regionale determinando il disavanzo di gestione e adottando i necessari provvedimenti di riequilibrio. C’è dunque una prima questione: la Regione, oggettivamente, è in disavanzo, per il fatto stesso che così emerge dai Tavoli di monitoraggio, e non si è provveduto per tempo. Tant’è che, non avendo adottato detti provvedimenti, il Governo si ritiene debba aver già diffidato la Regione ad adempiere. Spetta ora al Presidente, conseguentemente, in qualità di commissario ad acta, provvedere per il ripianamento del deficit. In tal senso c’è un prima e un dopo. Nel prima, vi è stato un atto dovuto del Governo verso la Regione, che è un atto formale e al tempo stesso politico. Vi è poi un dopo. Occorrerà verificare se le misure messe in campo dal commissario ad acta saranno misure sostenibili, ossia tali da assicurare un riequilibrio strutturale dei conti sanitari, o se l’approvazione del bilancio consolidato, pur non determinando un disavanzo formale di gestione, possa essere considerato dal Tavolo adempimenti presso il Mef un adempimento tale da non assicurare la solidità strutturale dei conti, ossia che l’equilibrio dei conti sanitari non è né certo né durevole nel tempo. In tal caso, a maggior ragione ove si manifestasse un livello di squilibrio superiore al 5 per cento, e dunque in presenza di un elevato disavanzo, potrebbero scatterebbero le procedure, come previsto dal patto per la Salute 2010-2012, per l’avvio del Piano di rientro e per il commissariamento della Regione. Una volta accertato il deficit, infatti, la Regione sarebbe tenuta a presentare un Piano della durata non superiore al triennio, elaborato con Aifa e Agenas, la cui valutazione è rimessa ai Tavoli tecnici di monitoraggio (tavolo adempimenti e comitato Lea) cui partecipano i Ministeri competenti (Mef e Salute), Regione e Conferenza Stato-Regioni. Decorsi i termini il Governo valuta il Piano e lo approva. Se il Piano non è approvato per una valutazione negativa della sua attuazione, o peggio non è stato presentato, il Governo diffida nuovamente la Regione a compiere gli adempimenti necessari per riportare i conti sanitari in equilibrio. I Tavoli tecnici sono chiamati a valutare l’azione della Regione e la loro congruità. A quel punto, in caso di valutazione negativa del Governo circa l’azione della Regione, l’Esecutivo nomina un commissario ad acta per gli adempimenti necessari. Il che significherebbe la perdita di potestà amministrativa e finanziaria della Regione, in ragione della clausola di supremazia nazionale, in materia di sanità.

Il Palazzo della Regione Basilicata

Quello che vi è di fronte è dunque lo scenario del commissariamento hard, ove il commissariamento comporterebbe l’automatica adozione di misure restrittive e sanzionatorie verso la Regione (sospensione dei versamenti erariali a carattere non obbligatorio, decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari, incremento delle aliquote addizionali regionali dell’Irap e dell’Irpef). Indipendentemente da questo scenario, politicamente assai critico, vi è in ogni caso la circostanza che la Regione – o per meglio dire il commissario ad acta di cui all’art. 1 comma 174 della legge 311/2004-, sarebbe tenuta in ogni caso a procedere ad una ricognizione delle cause e a provvedere all’elaborazione di un programma operativo di riorganizzazione, riqualificazione o di potenziamento del servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. Nel caso di disavanzo accertato detto adempimento è accompagnato dalla stipula di una Intesa tra Regione e Ministeri competenti contenente un apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico strutturale dei conti sanitari, nel rispetto dei Lea. Detto accordo deve essere accompagnato, a qual punto, da un apposito Piano di rientro ai sensi della legge 191 del 2009. Allo stato, pertanto, il dato politico è che verosmilmente la Regione potrebbe essere stata già diffidata (dal Governo) ad adempiere, ed è in ragione di questa non ottemperanza che è scattata la procedura del commissariamento ad acta, con un termine assai limitato e stringente. Lo scenario che si prospetta è legato alle misure che saranno adottate, al programma operativo di riorganizzazione che sarà declinato, ovvero alle misure di carattere finanziario volte a ricondurre il disequilibrio entro i margini del 5 per cento nell’ambito del consolidamento del bilancio. Nell’uno come nell’altro caso, ove i Tavoli tecnici di monitoraggio e il Governo valutassero gli atti adottati dalla Regione non congruenti a recuperare strutturalmente il deficit, o peggio ancora si certificasse un elevato disavanzo, allora la Regione sarebbe inevitabilmente e ufficialmente sottoposta alle procedure dei Piani di rientro e al commissariamento. Sotto questo profilo, i tempi per la messa a punto delle misure di riequilibrio strutturale dei conti sono a dir poco strettissimi, e la posta politica in gioco è altissima, vale a dire l’avvio di una nuova legislatura regionale che, non ancora proclamata, parte già diffidata se non commissariata per la spesa sanitaria. Politicamente quindi dovremmo pensare che Bardi potrebbe non aver comunicato ai lucani la diffida pervenuta dal Governo settimane fa? Cioè in piena campagna elettorale? Al Presidente dimostrare il contrario in quella conferenza stampa annunciata ad Angelomà (leggi qua l’annuncio della conferenza stampa), ma soprattutto e necessariamente deve prospettare la soluzione e sottoporla alla valutazione dei tavoli tecnici di monitoraggio della sanità.

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