L’uso strumentale della politica ha disposto di lui come di un poeta-oggetto. In concomitanza con la fase più bassa raggiunta dal PD, è cominciata oggi l’affannosa ricerca di qualche nume tutelare a cui affidare questo o quel brandello di sinistra
di Maddalena Rotundo
Il motivo per cui Rocco Scotellaro è passato da eroe letterario della regione a negletta figura di scrittore minore – provvisoriamente riesumato per l’autopsia commemorativa- non si capisce se non si considera l’uso strumentale che la politica ne ha fatto, disponendo di lui come di un poeta-oggetto.
La piena considerazione di cui godeva fino agli anni ‘ 70 sopravvisse finché i socialisti/comunisti, che detenevano la proprietà della sua memoria storica, poterono brandirlo contro la DC regionale in convegni che non dissimulavano di avere solo finalità elettorali. Sul fronte della poesia gli si accodavano, a quei tempi, decine di emuli che sparsero piagnistei declinanti il tema della povertà della terra senza la sua capacità di sintesi lirica ( in quella scia camparono il tempo della pubblicazione di una silloge ), grazie ai quali misuriamo l’influenza che esercitò Scotellaro sulla cultura regionale ben oltre la sua morte.
Ma ecco che, già verso la fine degli anni ‘ 80 , al tempo del Pentapartito, le cose cambiarono e la vita e l’opera di Scotellaro diventavano progressivamente ingombranti, in quanto chiunque, anche le pietre della strada, constatò quanto fosse imbarazzante l’accostamento al craxismo.
Quando con Tangentopoli i socialisti si rivelarono altrettanto corrotti degli altri, la sua figura di forte spessore morale si ritrovò senza sponsorizzazioni e nessuna forza politica poté autorizzarsi a recepirne l’eredità ( anche perché nessuna forza politica era sopravvissuta. ) Ma la ragione più importante che ne ha determinato l’eclissamento negli ultimi 20 anni è presto detta: gli ex avversari politici ( Psi/ Pci – Dc) erano entrati in una fase di pacificazione che avrebbe portato , non senza ardite manipolazioni genetiche , al PD. Scotellaro, ormai, non serviva più come clava contro il partito dei padroni, perché il partito dei padroni aveva ingerito la sinistra riformista.
Ora non meraviglia che, in concomitanza con la fase più bassa raggiunta dal PD, sia cominciata l’affannosa ricerca di qualche nume tutelare a cui affidare questo o quel brandello di sinistra . Io penso, però, che difficilmente possa emergere il vero significato della sua produzione se non si conosce il contesto storico in cui Scotellaro visse e scrisse, il fondale che animò il dibattito tra rivoluzione e riformismo, tra realismo e idealismo; è difficile che qualcuno possa andare oltre la retorica, oltre il luogo comune, oltre il sentito dire; che si possano comprendere i suoi scritti frettolosamente prelevati per la circostanza dal connesso contesto culturale del tempo. Il massiccio uso strumentale prima, gli anni del dimenticatoio poi e il rischio attuale di commemorazioni superficiali sono sullo stesso piano di nocumento alla memoria di questo grande lucano.
Se per esempio, nel corso di queste cerimonie, sentirete dire che Scotellaro era un poeta neorealista, non credetegli.
Quando le sue poesie, pubblicate postume, ottennero il premio Viareggio del 1954 , si accese un dibattito a livello nazionale. Già allora l’ immagine dello Scotellaro neorealista aveva disorientato la critica e impedito l’esatta collocazione della sua opera, che non ha mai trovato spazio nelle antologie nazionali a causa di questi dissidi interpretativi: l’impegno cozzava con la rinuncia alla ricerca sperimentale. Alicata contestò l’idea di Scotellaro poeta del mondo contadino. Salinari faceva notare che la descrizione di quel mondo era mediato dalle forme linguistiche della classe dominante. A quel tempo non si perdonavano agli intellettuali i conflitti irrisolti. Covavano i poeti del gruppo ‘63, la critica era agguerrita contro chi cedeva al passatismo. La militanza anti-regime doveva essere anche guerra linguistica , l’impegno andava articolato uccidendo la lingua colta borghese. Ma la poesia di Scotellaro non era il luogo della lotta di classe, era collegata al mutamento epocale che l’ avrebbe presto disinnescata. Rocco sentiva che il mondo contadino sarebbe scomparso, che il maggiore benessere economico che lui stesso si augurava non l’avrebbero lasciato intatto. La sua poesia è presagio elegiaco della fine; non il prolungamento dell’azione politica ma il suo sedimento malinconico . Oggi è la poesia dei borghesi avanguardisti a suonarmi farlocca mentre la poesia di Scotellaro mi pare fotografi in modo autentico il giro di volta del boom economico capitalista. E mentre quei rivoluzionari a chiacchiere giocavano con le allitterazioni, Scotellaro costruiva l’ospedale di Tricarico. E questo mi pare chiuda definitivamente quel dibattito.
Sul versante politico bisogna ricordare che Scotellaro non volle iscriversi al Partito Comunista, la sua era una terza via che si allontava sia dal capitale che da Gramsci e dalle alleanze operai –contadini a fini rivoluzionari. Ah quella terza via ! Quella di cui – uno pensa- in questi anni avrebbe potuto farsi interprete il PD … il quale, in tal caso, a ragione, avrebbe potuto prendersi l’eredità di Scotellaro, non per randellare qualcuno, ma per esaltarne i meriti civili e poetici, per farne emergere una modernità al tempo non compresa.
Condivido e mi complimento.
Ultimamente mi sentivo un po’ sola a nutrire queste riflessioni .
E anche il sentimento che ho sempre nutrito per Rocco Scotellaro.