Arriva Natale, facilmente ci si lascia andare a ritroso nel tempo, con i pensieri e solo con quelli per fortuna, a ricercare profumi e sapori ormai perduti. Natale per noi significava tornare a casa dalle scuole fuori regione, dopo aver vissuto per mesi in convitto era meraviglioso ritrovarsi con gli amici, raccontarsi le esperienze, mangiare assieme a tutta la famiglia.

Federico Valicenti

Federico Valicenti

Ricreare il convivio, la tavola dove discutere, scherzare e ricevere qualche regalo. Erano quindici giorni vissuti intensamente e quando si avvicinava la befana non c’era regalo che riuscisse a lenire l’ormai prossimo distacco dalle cose buone e genuine, dal calore della famiglia, che riuscisse a spegnere o solo a compensare il magone che iniziava a salire dalla gola per trasformarsi poi, di nascosto, in lacrime salate. Emozioni che se anche rivissute non avrebbero lo stesso magico momento di allora. Natale con la neve sui tetti, il bagliore notturno illuminava la strada che calpestavamo, gli stretti vicoli rimbombavano pieni di risate e di stonati canti, al suono di “ciaramelle” e zampogne. Aspettavamo le 5 del mattino per accompagnare le donne alla “ novena” di Natale in chiesa, e poi andavamo a dormire, felici e appagati, e un pochino, chi più chi meno, “mbriachi”. L’odore dell’olio fritto in cui venivano calate le  “crispelle”, i cannariculi, i cuscinetti ripieni di crema di ceci con il cacao , i fagottini pieni di crema di castagne, conditi con miele, il mosto cotto. I profumi del baccalà fritto, dei peperoni cruschi, le prime ruote di salsiccia fresca arrostita sui carboni  inondavano vie  e piazzette dei paesi dove i comignoli dei camini spargevano fumi nel cielo che odorava di legna dei boschi. Odore di legna sparso soprattutto dal ceppo grosso di quercia, conservato durante il taglio della legna, che veniva messo al fuoco dal capofamiglia la notte di Natale e che doveva bruciare e riscaldare la casa per 12 giorni consecutivi, un legno propiziatorio che da come bruciava si presagiva l’anno in arrivo. Il ceppo natalizio nei nostri giorni si è trasformato nelle luminarie e nelle candele che addobbano case, alberi, e strade. Riti magici che oramai appartengono solo alle civiltà arcaiche che ancora resistono, vivono nelle tradizioni locali. Chi ha la fortuna di vivere o di trascorrere qualche giorno nei paesini dove ancora si sentono questi odori, questi profumi e questi sapori deve ritenersi una persona fortunata perché diventa testimone di una civiltà oramai in estinzione. Ecco il ruolo dei paesi dell’entroterra, piccoli musei in movimento, dove il concetto di slow life diventa ritmo quotidiano, del buon vivere per riappropriarsi del concetto della vita stessa. I nostri paesi possiedono ancora quelle rare doti dell’arcaico come valore del tempo che inesorabile passa per tutto e per tutti ma conserva una memoria , una identità che rende non omogenea la tua esistenza alla globalizzazione, almeno fino a quando i riti e le tradizioni  non saranno completamente metabolizzati dal mondo globale che vuole tutti uguali negli usi e nei costumi, nei profumi e nei sapori .Ma cosa significa e cosa ha significato il Natale nei secoli per l’uomo, come è nato e come è sopravvissuto. La festa del Natale, come tutti i simboli che regolano e scandiscono la vita della civiltà umana era legata alla chiusura di un ciclo stagionale e alla apertura del nuovo ciclo. Prima del Natale che ora festeggiamo c’era la festa del Fuoco e del Sole, festa simbolo del solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno, dal 21 dicembre  le giornate iniziano ad allungarsi. E’ una festa periodica di rinnovamento della terra, celebrata in tutte le civiltà e caratterizzata da riti che simbolicamente chiudono un ciclo annuale e aprono quello successivo. Lo scambio dei doni e la preparazione dei sontuosi banchetti in questo periodo dell’anno ha un rituale antico, parte dalla grande civiltà di Roma che festeggiava i Saturnali in onore di Saturno, dio dell’agricoltura ed imposto come periodo di pace e di prosperità. Nel 274 d.C. l’imperatore Aureliano decise che il 25 dicembre si festeggiasse il Sole. Nel 312 i difensori della antica spiritualità vengono sconfitti da Costantino ( 274 – 337 d.C.) che ha capito come andranno le cose in futuro, fautore di nuovi ordinamenti si presenta come  il “nuovo che avanza”  e favorì la diffusione del cristianesimo. Le nuove fondamenta della società, europea e bizantina, vengono poste e dureranno fin quasi ai giorni nostri. L’uomo dell’” antichità”, crollato il governo delle realtà locali si affida all’idea che l’individuo possa sopravvivere anche dopo la morte. La fede e la speranza di salvezza religiosa penetrano nella mente umana. Da tanti dèi a un solo dio, le esigenze globali prendono il sopravvento su quelle locali. La Chiesa attraverso la sua religione riempie il vuoto sociale, offre un regno spirituale eterno, gratifica l’uomo nel suo più grande desiderio quello di poter continuare a vivere oltre la morte. L’intimo bisogno di fiducia in se stesso necessario ad ogni uomo per poter andare avanti. A Natale la festa cristiana si intreccia con la tradizione popolare.

… ed ora le ricette

Cannariculi

Cannariculi

Cannariculi

ingredienti:
300 gr di farina bianca
un bicchiere e mezzo di vino bianco
un pizzico di sale
un cucchiaio di zucchero
miele (oppure mosto cotto ristretto)
Olio per friggere

procedimento:
Impastare la farina con il vino, lo zucchero e il sale, fino ad ottenere un composto piuttosto consistente. lasciarlo riposare avvolto in un canovaccio per un paio d’ore, poi tirarne la sfoglia alta mezzo centimetro e da dividere in grandi riquadri. avvolgere uno per uno questi riquadri su appositi cannelli di latta leggermente unti e friggerli in abbondante olio bollente. scolare e sfilare delicatamente i cannelli quando i dolci saranno tiepidi. condirli con abbondante miele disciolto a bagnomaria e diluito con acqua. una variante prevede i “cannariculi” a forma di grissino, non cavi, modellati direttamente arrotolando la pasta su uno scolapasta rovesciato e lunghi circa cinque centimetri.

 

Cuscinetti di castagne

ingredienti:
1 kg e mezzo di castagne
1 kg di cioccolata fondente
zucchero 150 gr
2 scatole di cacao amaro
anice
4 bustine di vaniglina
cannella
caffè
Per la sfoglia:
1 kg di farina
3 uova
2 cucchiai di zucchero
1 bicchiere di olio

procedimento:
Impastate tutti gli ingredienti per la sfoglia, con il vino bianco spumante.
Sbucciate e lessate le castagne. In seguito, passatele nel passaverdura. Tagliate a pezzetti, la cioccolata fondente e versatela in un pentolino. Aggiungete 4 bustine di vaniglia, 1 bicchierino di anice, 1 bicchierino di caffè senza zucchero., un cucchiaino da caffè di cannella e un bicchiere di latte. Fate sciogliere sul fuoco e mescolate per circa 3 minuti. Una volta preparata la crema, impastate 1 kg di farina, 3 uova, 2 cucchiai di zucchero, 1 bicchiere di olio e spumante. Una volta impastato, preparate la sfoglia, dando la forma di tanti cuscinetti. All’interno del cuscinetti, aggiungete il preparato precedente. Chiudeteli e intanto preparate una padella con olio e quando sarà ben caldo, cominciate ad aggiungere i cuscinetti di castagne preparati in precedenza. Lasciate cuocere e quando saranno ben dorati, far assorbire i cuscinetti dell’olio in eccesso su carta assorbente..