Almeno 70 mila lucani sono in attesa di prestazioni sanitarie e visite specialistiche. Per dare risposte alle domande di cura e prevenzione che durante questa fase dell’epidemia sono cresciute con conseguenze sempre più pesanti sulla salute dei cittadini (vale per tutti l’allarme dei cardiologi: le morti per infarto sono triplicate), se non si interviene immediatamente con un piano straordinario ci vorrà più di un anno solo per smaltire le prestazioni sospese: ci sarà un’altra emergenza sanitaria extra Covid. L’altra faccia della medaglia: le strutture sanitarie private accreditate della Regione sono al collasso economico e rispetto alle potenzialità di aiutare il sistema con prestazioni specialistiche hanno le mani legate.
La denuncia della situazione che si registra nei ritardi di cura è avvenuta oggi nel corso di una conferenza web promossa da Sanità Futura alla quale oltre ad aziende della specialistica ambulatoriale aderiscono oltre 2 mila pazienti. Nella conferenza il presidente Michele Cataldi – insieme a Giuseppe Demarzio, Antonio Mussuto, Lucia Scardaccione, Francesca Loliscio – ha fornito un quadro esauriente delle numerose e gravi difficoltà per quanti – parte integrante del Servizio Sanitario Regionale – stanno svolgendo funzioni e compiti in molti casi sostitutivi del pubblico. Durante il lockdown – ha detto – l’interruzione delle attività, come è accaduto in tutti i comparti, ha provocato perdite aziendali consistenti. La ripresa da qualche settimana sta pesando interamente sulle imprese della sanità tenuto conto che le necessarie misure di sicurezza sono a loro totale carico, destinate quindi ad incidere sui bilanci aziendali anche per effetto del numero ridotto delle prestazioni e della riorganizzazione di ambulatori e strutture. Se si va avanti così – ha riferito il presidente di Sanità Futura – dobbiamo solo pensare ad una data di chiusura anche perché scontiamo l’inspiegabile esclusione dalle misure di sostegno economico che la Regione ha deciso a favore di tutte le imprese ad eccezione di quelle che hanno un codice Ateco come il nostro.
Abbiamo scritto all’assessore alle Attività Produttive Cupparo e all’Assessore alla Salute Leone (per le misure riferite ai dispositivi di sicurezza, sanificazione, ecc.) e alla richiesta di un incontro urgente siamo ancora in attesa. Una situazione definita “surreale” e confermata dalle testimonianze – presentate durante la web conference – di medici specialisti (dermatologo, oculista, cardiologo), pazienti e nella riproposizione di una telefonata al CUP con l’operatrice che alla richiesta di prenotazione risponde: “le agende sono vuote e non sappiamo quando saranno riaperte”. Ma – chiede Cataldi – come è possibile consentire di bloccare le prenotazioni contravvenendo alla legislazione nazionale? Accade invece che proprio nell’avvio della cosiddetta fase 3 nella quale è maggiore l’esigenza di sorveglianza sanitaria e di prestazioni alla salute, pre-condizione di sicurezza, chi vuole contribuire con la propria attività, come le circa 60 strutture della specialistica ambulatoriale, è messo in condizioni di non poterlo fare ed anzi, deve restare inascoltato. Non stiamo chiedendo risorse finanziarie aggiuntive – ha precisato il presidente di Sanità Futura – chiediamo semplicemente di usare risorse non utilizzate, già previste nel bilancio sanitario regionale su cui “pesiamo” appena per il 2,4%. Quanto alla drammatica situazione delle liste di attesa le proposte sono le stesse della fase pre-Covid 19 contenute in una petizione popolare firmata da oltre 9mila lucani, promossa dal Comitato “Non siamo un numero” e Sanità Futura e consegnata nel mese di gennaio scorso al Presidente Cicala.
Abbiamo anche indicato le cause: circa il 20% del problema è dovuto a un deficit di produzione (insufficiente risposta alla qualità dei reali fabbisogni) un buon 15-20% dipende dalla mancata disdetta di pazienti che non si presentano per la visita-prestazione (gestione e pulizia delle liste di prenotazione), un buon 15-20% da “inappropriatezza”, vale a dire prescrizione di prestazioni non sempre necessarie. Inoltre, l’informatica sanitaria dovrebbe essere estesa alle strutture accreditate che possono a tutti gli effetti diventare cup territoriali; i medici specialisti delle nostre strutture, in attuazione di una legge regionale inapplicata da un anno, devono poter fare diagnosi e terapia al pari di quelli che operano in strutture pubbliche.
Infine, l’appello alle istituzioni: dateci ascolto attraverso un confronto che è urgente e deve essere trasparente. Non ci interessa la polemica perché gli errori di valutazione si possono superare e convertire in fattori positivi in questa situazione di emergenza. Ma se ciò non avverrà – è stato annunciato nella web conference – dalla prossima settimana sarà avviata una campagna popolare di mobilitazione per avere l’attenzione dovuta e soprattutto le decisioni giuste nel tempo giusto.