Se un viaggiatore curioso decidesse di lasciarsi alle spalle l’Adriatico e le piane pugliesi, inoltrandosi lungo una strada dritta come una spada, superata sulla destra Altamura, si troverebbe di fronte in tutta la sua bellezza lunare Matera, la porta principale di una delle due province lucane.
Di Giuseppe Colangelo
La bellissima città affacciata sul ciglio e sui fianchi scoscesi del torrente Gravina, si mostra al visitatore come una grande arnia rocciosa sovrastata dall’imponente profilo del Duomo. Di origini antichissime, l’insediamento urbano conserva ancora intatto il suo aspetto rupestre, caratterizzato da abitazioni annidate le une sulle altre e scavate interamente o parzialmente nel tufo bianco che nascondono, dietro l’apparente disordine primordiale, accorgimenti e soluzioni di notevole ingegno. Forma insediativa, i cui rari esempi si trovano in Nordafrica, Anatolia e nel vicino Oriente, dichiarata daIl’Unesco ‘Patrimonio mondiale dell’umanità’. Oggi più che mai all’attenzione del mondo grazie al ruolo conferitole di ‘Capitale Europea della Cultura 2019’. Uno scrigno che, tra il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano, custodisce nel fitto reticolo di viuzze e scalinate molti tesori. Come la Chiesa della Madonna delle Virtù, a tre navate, nella cui abside si possono ammirare due affreschi della Crocifissione, o la Chiesa di San Nicola dei Greci, a due navate, con affreschi di stile bizantino.
Tutto ciò sembra sempre più un miracolo, se si spensa che fino agli inizi degli anni Sessanta del Novecento questo luogo era visto ancora come simbolo malsano di miseria e di arretratezza. Un luogo, al pari del suo entroterra, portato fuori per la prima volta dal proprio isolamento da Carlo Levi con la sua opera pittorica, della quale la città ora custodisce presso la Galleria Nazionale della Basilicata circa 700 tele, nonché dal suo capolavoro letterario «Cristo si è fermato a Eboli». Artista che ha avuto la capacità di cogliere e divulgare una realtà fuori dalla storia e di solleticare la curiosità di molti intellettuali, fra i quali spicca un gruppo di grandi registi che dalla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso ha cominciato a svelare al mondo intero lo spettacolare scenario dei Sassi di Matera e della sua provincia. Uno spicchio d’Italia in cui la città e i piccoli comuni, ricordano per esempio a Carlo Levi: «… una Gerusalemme immaginaria nella solitudine di un deserto… Si è come in mezzo a un mare di terra biancastra, monotona e senz’alberi: bianchi e lontani i paesi, ciascuno in vetta al suo colle». Un fazzoletto di terra ricco di una miriade di gioielli architettonici e naturali che non può sfuggire all’occhio attento del cinema.
Dai primi brevi filmati dei fratelli Lumière fino ai giorni nostri la settima arte visita e reinventa a sua discrezione il fascino e i misteri degli agglomerati abitativi e dei più disparati territori, offrendo spesso l’immagine di ambienti che trascendono il reale e varcano i propri confini naturali per entrare in quello dell’immaginario universale. E in questa mare di spaccati urbani navigano anche Matera e la sua provincia, con la forza evocativa del loro stupefacente scenario. Una città e una terra che spesso assoggettano la macchina da presa alla loro originale bellezza, irradiando il grande schermo di luce propria. Quella luce e quella bellezza che a partire dal lungometraggio La lupa (1953) di Alberto Lattuada, riproposizione dell’omonimo racconto di Verga ambientato nella Matera degli anni Cinquanta e interpretato da Kerima May, Ettore Manni, Giovanna Ralli e Maurizio Arena, grazie anche alla fotografia in bianco e nero di Aldo Tonti inserisce sapientemente il dramma sentimentale tra la luce e l’ombra che caratterizza l’anima stessa della città. La medesima location consacrata un decennio dopo da Pier Paolo Pasolini con il capolavoro Il Vangelo secondo Matteo (1964). Originale trasposizione dei passi principali del Vangelo di Matteo, dall’Annunciazione all’arrivo dei re Magi, dalla fuga in Egitto al battesimo di Cristo, dal giudizio di Ponzio Pilato alla salita al Golgota, dalla Crocifissione alla Risurrezione, fino alla chiamata degli apostoli. Opera poetica e suggestiva che si ispira alla tradizione pittorica del Rinascimento italiano, ambientata nello splendido paesaggio dei Sassi di Matera, la Murgia, la Gravina e le chiese rupestri, dove si aggira un Cristo (Enrique Irazoqui) polemico e combattivo intento a svolgere con coraggio e senza illusioni un compito civile e morale. A rendere unico il film di Pasolini contribuiscono il direttore della fotografia Tonino Delli Colli, le rielaborazioni musicali coordinate da Luis Bacalov estratte da Bach, Mozart, Prokofiev, Webern, ‘Missa Luba’ congolese, canti gospel e canti rivoluzionari russi, nonché le scenografie di Dante Ferretti e Luigi Scaccianoce. Un’opera in cui la sofferenza e le vessazioni subite da Cristo si leggono nei volti scavati dalla miseria e negli sguardi delle molte comparse del luogo incastonate con naturalezza nelle ruvida bellezza dei Sassi.
«Il miglior film su Cristo, per me, è Il Vangelo secondo Matteo, di Pasolini» dichiara Martin Scorsese in un intervista rilasciata a ‘Civiltà Cattolica’ nel dicembre del 2016. «Quando ero giovane, volevo fare una versione contemporanea della storia di Cristo ambientata nelle case popolari e per le strade del centro di New York. Ma quando ho visto il film di Pasolini, ho capito che quel film era già stato realizzato.» Una riflessione che forse avrebbe dovuto fare anche Mel Gibson, il quale nel suo Passion – La passione di Cristo (2004), sempre girato a Matera, non ha saputo trovare altri strumenti se non la frusta e il sangue per esplicitare e raccontare con inaudita violenza le ultime dodici ore di vita, di flagellazione e della crocifissione di Gesù (Jim Caviezel). Una pellicola ‘rosso shocking’ dal clamore planetario che ha indubbiamente giovato a diffondere su larga scala la bellezza della città dei Sassi e del suo territorio, come si evince del numero costantemente in crescita di produzioni cinematografiche e televisive che continuano ad alternarsi nel materano.
Tuttavia, oltre ai film sopracitati, i lungometraggi di maggior pregio girati nel territorio si contano sulle dita di una mano. Da ricordare Cristo si è fermato a Eboli (1979) di Francesco Rosi, con Gian Maria Volonté nei panni dell’esiliato intellettuale piemontese, Irene Papas, Paolo Bonacelli e Lea Massari. Lungometraggio girato in parte nei comuni di Craco e di Guardia Perticara. Seguono la prima produzione hollywoodiana venuta nel materano per girare King David (1985) diretto da Bruce Beresford, con Richard Gere ruolo del re,
Il sole anche di notte (1990) dei fratelli Taviani, L’uomo delle stelle (1995) di Giuseppe Tornatore, Del perduto amore (1988) di Michele Placido, Basilicata coast to coast (2010) di e con Rocco Papaleo e il recente I moschettieri del re (2018) di Giovanni Veronesi. Unico comune denominatore di tanto interesse cinematografico?: la forza attrattiva e la magia di un set naturale unico e inimitabile.