Il Maestro della canzone napoletana parla del compositore autore della famosissima canzone quasi dimenticato da Potenza, la sua città, la cui storia è stata riscoperta dal giornalista Angelomauro Calza, che racconta tutto nel suo libro “Tra santi e mandarini ci sta pure uno zebù”, che sarà presentato proprio a Potenza lunedì 23 dicembre alle 18.30 al Main Street
di Angelomauro Calza
E mi ritrovo a parlare di me stesso. Certo, non è bello, sembra un’autocelebrazione, ma lo faccio perché tutto nasce dal mio libro “Tra santi e mandarini ci sta pure uno zebù”, in cui, tra tante altre storie, narro anche quella di Umberto Martucci, compositore, poeta, artista vero, che sono riuscito, sopo averla scoperta, a ricostruire non senza difficoltà. Ad inizi anni ’60 da Potenza, dove ha praticamente vissuto da quando era ancora in fasce dopo essere nato a Vietri sul Mare, giovanissimo, per tentare la strada del teatro e della canzone si trasferì a Napoli, dove divenne punto di riferimento di tanti cantanti e musicisti per la sua grande vena poetica. Ho impiegato qualche anno per riuscire a sapere di più di lui. Alla fine ci sono riuscito grazie ad un grande e famoso interprete della canzone napoletana, Mario Trevi. Chiesi di poter parlare con lui al nipote Salvatore verso la metà dello scorso mese di settembre, e avevo ormai quasi perso ogni speranza di poterlo sentire, quando una sera, una ventina di giorni dopo, ad ora di cena, mi ha colto di sorpresa chiamandomi al telefono. Un piacere immenso. Abbiamo parlato tanto, e non ho potuto non notare, in qualche passaggio della nostra chiacchierata, momenti di emozione che hanno colto il Maestro Trevi nel ricordare momenti di vita di tanti anni fa vissuti insieme a Umberto Martucci e Salvatore Mazzocco, che sui testi di Martucci componeva la musica. In occasione dell’uscita del mio libro, in cui riassumo la chiacchierata, sento che è cosa bella pubblicarla integralmente, perché di storie così belle, di amicizia e di lavoro comune, oggi forse non ce ne sono quasi più. Umberto Martucci, dopo aver vinto nel 1960 il Festival di Napoli con Serenata a Mergellina, cantata da Flo Sandon’s e Ruggero Cori, compose le parole di Indifferentemente, eterno successo mondiale, ancora oggi, che partecipò al Festival di Napoli nel 1963: musica del Maestro Salvatore Mazzocco, interpretata da Mario Abbate e Mario Trevi era data per sicura vincitrice di quella edizione della rassegna canora partenopea più famosa di sempre. Invece, a sorpresa, si classificò seconda. Ecco, parte da qua la chiacchierata con il Maestro Mario Trevi.
Grande delusione per il secondo posto. Come avete vissuto questo momento?
Tutti si aspettavano che vincesse Indifferentemente, poi a un certo momento è arrivato il primo premio a Iamme ià che cantavano Claudio Villa e Maria Paris. Ci furono un sacco di proteste, volevamo fare ricorso, ma a un certo punto ci siamo dovuti fermare. Le regole del Festival erano quelle e la Giuria aveva votato così, anche se non era giusto. Infatti pure l’indomani il pubblico ha protestato tantissimo, diceva che per lui aveva vinto Indifferentemente, fatto poi dimostrato dalla vendita dei dischi. L’ha dimostrato anche il fatto che la canzone è diventata un classico mondiale.
Beh, la dimostrazione è che si canta ancora oggi, no?
Sì. L’hanno cantata tutti i cantanti, nessuno escluso, e questa è una cosa bella, la cosa brutta invece è che ognuno di loro se ne fa una ragione dicendo che è lui l’interprete di Indifferentemente. A me viene da ridere, perchè la storia è un’altra
Quale? Che Indifferentemente, quella vera, l’avete cantata solo lei e Mario Abbate?
Essì. Perché Indifferentemente è una canzone abbiamo costruito insieme agli autori, Umberto Martucci e Salvatore Mazzocco. Il primo provino l’ho fatto io. Il provino di Indifferentemente da mandare alla commissione del Festival di Napoli è stato inciso da me. E poi c’è stata l’accoppiata con Mario Abbate attraverso le case discografiche, la sua era la Vis Radio, la mia la Durium.
Come passavate il tempo al di fuori delle sale di incisione?
Praticamente stavamo più tempo insieme io, Umberto e Mazzocco che non con le nostre mogli.
Ma che facevate?
Le nottate! Le nottate passavamo insieme. E’ una questione difficile da spiegare. Spiegarla è una cosa, viverla è un’altra. Noi facevamo passate le due la notte e poi dicevamo: ma nun ci vulimm’ ji’ a cuccà?
Dove vi riunivate?
A casa di Mazzocco, in corso Garibaldi
Lì davate sfogo alla vostra creatività?
Essì. Là succedeva tutta l’ammuina”. Là si scrivevano le canzoni, là dovevano uscire tutte le cose
Dice che Martucci quando scriveva una canzone, la provava lui, studiava la mimica, l’espressione, l’enfasi e poi da lì sceglieva il cantante che secondo lui era più adatto ad interpretarla?
Esatto. E’ vero.
Quindi era pignolo nelle sue cose?
Era un artista. Anche lui era un artista. Oltre ad essere un poeta era un artista
Si dice anche che non avesse un carattere facile…
Non è che non era di carattere facile. Era un tipo che non sopportava l’ipocrisia. Per lui era tutto normale, tutto regolare, era senza rete. Era uno che diceva che io sono Martucci e decido io chi deve cantare le mie canzoni. Se un cantante non gli piaceva glielo diceva: “non mi piace che la canti tu la mia canzone”. Il cantante si offendeva ovviamente.
Un ricordo bello che ha?
Noi facemmo il Festival. Alla fine della mia esibizione andai dietro le quinte. E allora andai dagli autori, da lui, da Mazzocco e gli ho detto: “Sient’ Martù, ma ti è piaciuto comm’aggia cantat’ Indifferentemente”? E lui mi disse: “Mario Trè, tu quando canti Indifferentemente mi fai scurdà pur’ ‘e muglierem’”. E’ una frase che tengo scritta nel cuore.
Piaceva quindi più come la cantava lei o come la cantava Mario Abbate?
Lui non lo diceva questo, era discreto. Mario Abbate era una persona per bene, un cantante da rispettare, un collega stimatissimo. Non si permetteva di andare a toccare queste corde, era molto corretto.
Lei cosa sa del rapporto di Martucci con Gorni Kramer?
Aveva un rapporto con lui particolarissimo, era innamorato di come Kramer suonava la fisarmonica, di come dirigeva l’orchestra, come musicista… Lui amava proprio Gorni Kramer
Abbiamo capito che Umberto Martucci e Mario Trevi erano praticamente una persona sola…
Sì, c’era un grande feeling tra noi
Invece con quale cantante donna aveva più intesa?
Lui era pazzo per Maria Paris. Le piaceva molto come cantante. Diceva “questa è la verace napoletana”
La preferiva quindi a Mirna Doris?
Ma Mirna Doris è uscita dopo, noi parliamo dei primi anni ’60, quando ci stavano i Sergio Bruni, Aurelio Fierro, Franco Ricci e tanti altri
Ma a lei quanto manca il Festival di Napoli?
Mi manca molto. Per noi napoletani è come per esempio sedersi a tavola e non trovare forchetta cucchiaio e coltello.
All’epoca era sentito, era un evento internazionale…
Quando si faceva il Festival di Napoli, in mezzo alla strada, se volevi pagare 100.000 lire a una persona per farla andare per strada, non ci andava, diceva non la voglio la 100.000 lire perché devo guardare il festival di Napoli
Essì, nel film l’Oro di Napoli questo si fa vedere
Quel film è tutta verità, non hanno inventato niente. Quando c’era il Festival di Napoli la gente non stava per strada manco se la volevi pagare
Che gli piaceva mangiare a Umberto Martucci?
A Porta Capuana vendevano la tazza di brodo di polpo. Mettevano scianghe di polpo in questa tazza di brodo dello stesso polpo. Bollentissimo e pieno di pepe. Specialmente quando era inverno s’allisciava le mani e diceva: “C’ iamm’affà na’ tazz’ e brod’e purp’?”
Parlava di Potenza con voi?
Come no. Noi parlavamo di tutto. Quando ci ritiravamo, le nostre mogli ci dicevano: “Ah, ti sei ricordato che ci sta una casa che ti aspetta?”. Passavamo le nottate insieme.
Un fatto simpatico me lo racconta?
Quando Martucci scriveva una poesia, la dava a Salvatore Mazzocca e gli diceva: “Tiè. Senz’e me comm’o’ffai o’ musicist’?”. E Mazzocca, stizzito, prendeva il foglio di carta e lo gettava a terra.
Ma cosa gli piaceva oltre la musica, come lo passava il resto del tempo, che gli piaceva?
Martucci tutto ciò che riguardava il cantare lo impegnava totalmente. Martucci è nato per fare l’autore. Martucci se gli veniva l’ispirazione, si metteva a comporre e si scordava di tutto, pure della moglie. Io e Martucci abbiamo deciso insieme la nostra gioventù, che non ritorna più. Quando abbiamo cominciato insieme con Martucci e Mazzocco io avevo 22 anni.
E mò dopo tanto tempo vi trovate a parlare di lui con me…
E mi vengono in mente tutte le cose che facevamo. Noi quando stavamo insieme non sapevamo quando era giorno e quando era notte. Per fare delle cose belle ci vuole concentrazione, ci vogliono idee… e ci vuole tempo… Martucci quando componevamo e stavamo concentrati perché serviva una parola adatta a un certo punto diceva “m’è venuta, m’è venuta” con una espressione tutta particolare che è difficile rendere solo raccontando.
Se avete passato tanto tempo insieme, chissà quante canzoni avrete composto. Di tutta la vostra produzione quante ne avete portate al successo e quante ne avete messe da parte?
Solo io ho registrato una quarantina di canzoni di Martucci. Per un autore non sono poche. E poi lui le faceva mica solo per me.
Martucci come si rapportava con gli altri autori?
Era molto riservato. Amico con tutti, nemico con nessuno. Però quando mi doveva far vedere una poesia, uno scritto suo diceva di metterci da parte, nascosti. Gli altri li trattava, sì, ma non c’era amicizia. Rispettava tutti, ma si doveva fare i fatti suoi, non dava molta confidenza
Alla canzone napoletana manca una persona come Martucci?
Certo. Perché oltre a essere un poeta era un artista
Compose la prima canzone a 12 anni, per avere una bicicletta…
Lo so, lo so. So tutto. Di tutti. Io ho vissuto in mezzo a questa gente.
Ma se se lo trovasse oggi all’improvviso davanti al Gambrinus, se lo incontrasse, cosa gli direbbe?
Ehhh… gli direi Martù che hai fatto di nuovo? Famm’ v’rè. Perché noi così ci salutavamo: “che hai fatto di nuovo? Che ci sta?”. Eravamo affiatati, sennò non potevano uscire delle canzoni così belle.
Quindi lui è stata parte importante della vostra vita
Martucci… sì, sì… noi ci conoscevamo più delle nostre famiglie. Un grande rapporto lavorativo, ma soprattutto di amicizia… Andiamo a mangiare la pizza… questo la fa buona, questo no… e ci avviavamo insieme sottobraccio… Ciao, Martù!
Bellissimo articolo.Non ho parole ! Complimenti di cuore.
Io sono la nipote di Umberto Martucci,la bimbetta che vedete nella foto sono io,mi portava sempre con se’,nelle case discografiche,ai festival,praticamente ero il suo porta fortuna. Amava tanto anche il teatro e recitava, una passione che ha trasmesso anche a me, diceva sempre che se avesse potuto avrebbe voluto vivere in un teatro. La sua casa era sempre piena di artisti,da Milva a Peppino di Capri, e tanti altri grandi nomi della canzone partenopea e non. Indifferentemente e’ stata anche motivo conduttore di molti film.Ringrazio tantissimo l’amico Angelo Calza per averlo ricordato ai potentini.
Ciao Marinetta…finalmente un articolo che risalti la figura umana ed artistica di Umberto Martucci…un grandissimo poeta. Per un periodo ha vissuto in un palazzo accanto al Mercadante dove facilmente si accedeva all’interno del teatro… quindi un desiderio realizzato.Persona sensibile e profonda. La moglie Lia Mautone era mia zia ….ricordo perfettamente il suo studio con al lato il pianoforte. Grazie ad Angelo Calza ed al maestro Trevi per questo ricordo .
in quale anno è nato Umberto e in quale anno è morto?