“per gentile concessione di Qui Libri”
di Patrizia Cavallaro
“Non posso continuare a vivere con la nostalgia delle nostalgie” dice in un momento di sconforto Domingo, l’oriundo argentino giunto in Lucania agli inizi della seconda metà del Novecento. A fissare il suo sguardo carico di mestizia è la moglie Radka, la “Slovacca”, come ormai la chiamano in paese, pure lei espatriata dalla lontana Bratislava, che ha deciso di seguirlo fin lì per compartire l’esilio.
Dopo i fortunati La Freccia di Mezzanotte e Creta Rossa , (Premio Letterario nazionale Carlo Levi 2015), Giuseppe Colangelo con la sua ultima opera narrativa La muta del serpente (2018), completa per le Edizioni La Vita Felice la “Trilogia dell?Alto Materano”. Romanzo ambientato ancora a Stigliano, paese della provincia di Matera, da non considerare solo un semplice viaggio nella memoria ma, al contrario, un paniere colmo di molteplici chiavi di lettura: da quella antropologica per l’uso incisivo di alcuni brevi dialoghi in dialetto alla minuzia descrittiva di alcune tipiche pietanze della tradizione culinaria locale.
Elementi alla base dell’intero trittico che come scrive Marco Ostoni su “La Lettura” del Corriere della Sera: “… È la Lucania di Giuseppe Colangelo, una terra primitiva di creta screziata dal sole e tinta di rosso per le violenze intestine, terribili e misteriose di cui è impregnata. Ma una terra intrisa anche di odori e sapori forti che nemmeno il passare degli anni trascolora: forti come quelli dei suoi piatti tipici [… ] Un libro che si legge anche con il palato, l’olfatto e l’udito il suono urticante del dialetto”.
La trilogia, infatti, elegge a elemento comune il territorio, con il suo armamentario di tradizioni, pettegolezzi e abitudini. Le storie raccontate invece sono autonome, slegate fra loro. Non troviamo un protagonista assoluto a condurre il lettore lungo le pagine di questi romanzi. A farlo sono le strade, le piazze, la barbieria, la trattoria e la corriera, il veicolo simbolo del perpetuo spopolamento di questi piccoli “… alveari di pietra arroccati sulla roccia millenaria”.
Tutti elementi che in La muta del serpente accompagnano gli affanni quotidiani di Domingo, il quale affronta un lungo percorso di integrazione e impara a tirare avanti svolgendo diversi mestieri. Lui avrebbe potuto maledire il destino per averlo trascinato in un luogo di sospetti. Ma non lo ha mai fatto. Tuttavia, anche se confortato dall’essere stato infine accettato dalla comunità, il passato è duro da dimenticare. Soprattutto se a mantenerlo vivo sono le inquietanti lettere dell’amico più caro, capaci di innescare un lacerante dilemma psicologico.
Di pari passo, echi di venti criminali si incrociano lontano dai loro alvei geografici con il traccheggiare della isolata comunità di montagna, in cui si logora tra rabbia e passione, banali gesti quotidiani e inimmaginabili beffe, l’illusione di essere al riparo dalla violenza dei tempi. Momenti duri nei quali, all’ombra del football degli anni di piombo, si consumano nel subdolo miraggio del petrolio l’inarrestabile spopolamento della regione e il diffondersi delle notizie sulle feroci atrocità subite dalle migliaia di desaparecidos argentini che finiscono con lo sconvolgere Domingo: “… e se non fossi mai venuto via dall’Argentina?”.
Dramma e commedia, sorretti dal susseguirsi di colpi di scena, per accumulo tengono abilmente assieme voci e mondi diversi in un luogo sempre meno artefice del proprio destino. Rutilante contesto esaltato dalla fantasia narrativa dal quale emerge, come nei libri precedenti, una falleria di umili personaggi colmi di ironica rassegnazione, da sempre ai margini della storia e alla ricerca di se stessi. Un mondo dominato dai maschi in cui però si impongono con forza alcuni profili femminili di grande carattere difficili da dimenticare: la generosa ed energica comare Rosinella Cacciatore, la sfrontata e desiderata T’zzuidda Scassacà e la malinconica e taciturna Radka Simkova.
La muta del serpente nel suo incedere fra le brume dei tempi andati non tralascia di toccare temi di scottante attualità, vedi l’integrazione di Domingo e la sua accettazione da parte dei paesani o l’agognato “oro nero” foriero di un futuro riscatto economico del quale solo ora si vedono le pesanti ripercussioni negative. Un romanzo la cui scrittura chiara e incalzante afferra per mano il lettore immergendolo in acque di latitudini fra esse lontane, la Lucania e l?Argentina, e lo fa incontrare idealmente con l'”Altro” per compartire la gioia e la disperazione di quegli anni crudeli che tutt’ora fanno sentire il peso delle loro ingiustizie.