Le indagini proseguono, ma la notizia vera ancora si attende: quella della scoperta della verità. Ogni persona condannata è un fallimento della mission della società civile

di Angelomauro Calza

Un mio amico mi ha chiesto come mai nonostante la grande amicizia con Antonio Nicastro non abbia scritto un solo rigo sugli sviluppi delle indagini sulla sua morte.

Antonio Nicastro alla festa per il primo anno del TiGiUro ascolta ilmini concerto di Donatello Genovese

Beh, mi sono deciso a scriverne ora, proprio per rispondergli, a lui e a tutti. E la do subito la risposta: perché non sono a caccia di scoop, ma della verità. Mi spiego. Giornali, radio e tv hanno dato ampio risalto (facendo peraltro bene il loro mestiere) a iscrizione nel registro degli indagati, perquisizioni e sequestri di smartphone, computer e documenti di tre dirigenti della ASP, coinvolti in qualche modo ciascuno per i propri compiti nella vicenda. La notizia ci sta tutta, ma a me non interessa. Né mi interesseranno altre, analoghe notizie. Si sa già come funziona il meccanismo: due possono essere le conseguenze di questo atto. La prima ipotesi: archiviazione al termine delle indagini. La seconda: il rinvio a giudizio (di uno o di tutti non importa). Nel secondo caso gli imputati potrebbero patteggiare, e non andare manco in galera. A me non interessa neanche se ci vadano o meno in galera: interessa che in un caso o nell’altro tutto finirebbe con una archiviazione o una condanna: e la verità? Quale mai sarà stata la vera causa della morte di Antonio? Quando conosceremo la verità, quella vera, non quella dei giudici? Perché non sempre – la storia insegna – la verità processuale coincide con la verità vera. E troppo spesso con alcuni tecnicismi sanciti per legge non si conosce non solo la verità vera, ma manco quella dei giudici: prescrizioni, patteggiamenti e tempi biblici non aiutano in questo. Io non sono giustizialista, sono uno che ha partecipato attivamente alla campagna referendaria per una giustizia giusta nel 1986, responsabile della raccolta firme per la Basilicata, con due scatoloni di fogli consegnati a notte fonda in Piazza Argentina nelle mani di Giovanni Negri e Claudio Martelli, e da allora non ha cambiato idea: sono per una giustizia giusta, non sono un giustizialista.

Una delle sere goliardiche di concessioni gastronomiche: Antonio e i ferretti con peperoni cruschi, mollica e cacioricotta. Ormai solo ricordi

Ecco che allora per me non sarà mai notizia un arresto, un processo, una condanna legati alle indagini per la morte di Antonio Nicastro, ma anche degli altri, sfortunati contagiati dal Covid che hanno purtroppo fatto la sua stessa, tragica fine. Sarà per me notizia l’essere riusciti a sapere cosa è davvero successo, cosa ha ingrippato gli ingranaggi del sistema sanitario potentino; cosa tra Ospedale, ASP e 118, non ha funzionato, tanto da portare improvvisamente lutti e disperazione in diverse famiglie. Ecco, allora sì che avrò, avremo, avuto giustizia, e lo griderò a caratteri cubitali su questo stesse pagine. Intanto le indagini proseguono su diversi fronti, ed è un bene, ma solo se si arriverà davvero ad accertare la verità vera, e non solo le responsabilità penali per atti e comportamenti discutibili sotto il profilo penale: perchè non accada mai più. In fondo, ogni volta che una persona va in galera non è tanto una vittoria della Giustizia, quanto un altro esempio di fallimento della mission della società civile che non ha saputo operare preventivamente per evitare che quella persona violasse in qualche modo le leggi di questa stessa società. Intanto piangiamo un uomo, un amico, davvero giusto, buono, leale.

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