di Angelomauro Calza
Caro Assessore,
non so se lei ha qualche collaboratore che le cura l’agenda, se lo fa lei di persona o se non ha una agenda da farsi curare, per cui nell’incertezza che non abbia segnato il 2 maggio – domani – perchè per lei non è una data che rivesta un qualche significato, le ricordo io la ricorrenza, a nome di tanta gente che invece la tiene ben presente perché pregna di significati: domani è un mese della morte di Antonio Nicastro, di Astronik.
Come non ricorda? Ma quel pensionato che ha rotto per più di quindici giorni le scatole a tutti: Ospedale, 118, la sua segreteria… ricorda? Quello che pareva volesse una raccomandazione per un posto all’ospedale… quello che forse non le hanno detto che il posto non lo voleva da impiegato, ma da ammalato da curare! Quello che le dissero essere finalmente stato accontentato, per cui lei si sentì in dovere di chiamare al telefono a casa la moglie e il figlio dopo che finalmente Antonio fu ricoverato per rassicurarli. Ricorda i loro nomi? No? Glieli dico io: Ninetta e Valerio. Le dicono qualcosa? Sì, sono quelli che le risposero, con educazione, ancora speranzosi della guarigione di Antonio, ed erano convinti che lei alla fine sarebbe riuscito ad intervenire quantomeno per indagare sui tanti perché che costituiscono il mistero del mancato, immediato e necessario ricovero di un povero cristo senza santi né in paradiso, né in terra, nè in Regione,ma che sentiva da tempo di non stare bene, e lo gridava e nessuno lo ascoltava. Ricorda quanta gentilezza nelle loro parole? Ricorda come Valerio le spiegò per filo e per segno tutte le peripezie che il povero Antonio e loro, figlio e moglie, avevano dovuto sopportare per quindici giorni prima di avere udienza? Spero di sì.
Certamente invece non ricorderà come alle loro successive telefonate non si rispose con altrettanta educazione…No, non nel senso che qualcuno si comportò da maleducato, non mi permetterei mai di offendere così nessuno, no: fu che nessuno rispose proprio! E in meno di 48 ore Antonio prima fu trasferito in terapia intensiva, e poche ore dopo… da signore e altruista qual’era, Antonio aveva già liberato ad un altro il preziosissimo posto in reparto… se ne era andato per sempre! Era il 2 aprile scorso… un mese fa… Ricorda? Mò lei mi dirà: “Uagliò, ma fosse che è stata colpa mia se Antonio è morto?”. Mai sia! Non mi permetterei mai! Lei non ha colpa della morte di Antonio, ma una qualche responsabilità – le chiedo – sente di averla se la macchina organizzativa messa in piedi non ha funzionato bene? Lei, come accade nello sport, una qualche responsabilità oggettiva in qualità di massimo esponente della Sanità lucana, sente di averla? Anche queste sono secondo me domande destinate a rimanere senza risposta.
Non ci ha manco detto se al virus che banchettava a pastasciutta a fine febbraio a casa del primo contagiato, a Trecchina (come lei ha pubblicamente annunciato divertito) poi i maccheroni al ragù gli sono piaciuti… Io l’avevo detto alla padrona di casa: signò, non gli fate assaggiare più niente a stò virus, che sennò da qua non se ne va più… E lei, assessò, non lo può negare: ancora sta qua. Probabilmente s’è fatto qualche bicchiere di vino in più e a panza chiena capuzzulea dopo pranzo: ogni tanto sembra che se ne sia andato pure lui, poi si sveglia un momento, fa qualche altro contagio, e riprende a dormire.
Assessò, io non ce l’ho con lei né con altri. Non so se i parenti di Antonio, Donato, Palmiro, e tutti gli altri ce l’hanno con qualcuno, penso di no, siamo tutti persone per bene, però se pure dovessero avercela con qualcuno io non saprei dargli torto. Lei cosa ne dice? Come la pensa nel merito? Io penso che se abbiamo accolto un virus invitandolo a maccheroni senza che lui l’abbia chiesto, potevamo pure permetterci di fare un tampone a chi invece lo chiedeva. Io e gli amici di Antonio e degli altri (e siamo tanti, assessò, glielo assicuro, ma lei lo verifichi: siamo tanti!) non chiediamo vendetta, Antonio non l’avrebbe mai voluto, ma saremo sempre vigili e pronti a ricordarle in ogni occasione, in ogni ricorrenza, che Antonio non c’è più, che se ne è andato scontento per sempre.
No, ancora una volta, non pensi male: non se ne è andato scontento perché non è stato accontentato nella sua richiesta di essere assistito. No. Se ne è andato scontento perché obbligato a lasciare un pezzettino della sua dignità per strada: lui che non aveva mai chiesto niente a nessuno è stato costretto a elemosinare attenzione verso di lui, come un leccapiedi qualunque. Ecco, assessò, solo questo: noi, amici e parenti, ma anche sconosciuti che hanno conosciuto Antonio dopo la sua morte attraverso di noi, lo ricordiamo sempre, ma oggi di più. Lei, per amor di Dio, ci lasci stare e operi bene per evitare che possa capitare ad altri ancora quel che è capitato a lui, e, sempre per amor di Dio, se non se la sente lasci: sarà apprezzatissimo questo suo gesto. Da tutti.
E nella nostra agenda segneremo per sempre questa data.
Sono il cugino di Antonio ma anche l’amico di Palmino e Donato e credo che la superficialità con la quale si è approcciato il problema è roba da terzi mondo.
Antonio resterà per sempre con noi.
Non ci sono parole: condivido tutto sei ungrande
Condivido anch’io
Condivido anch’io.
come non condividere il senso e le riflessioni contenute nell’articolo. Chissà se l’assessore ne farà tesoro e si farà da parte ed insieme a lui anche il generalissimo.