Fandujo, è una band nata a Piacenza nel 2014, formata da musicisti provenienti da diverse parti del mondo, un quartetto che esplora ritmi, danze e sonorità del Mediterraneo, dei Balcani e dell’Est Europa.
di Carlo Calza
Abbiamo incontrato i Fandujo dopo la loro esperienza lucana, quattro date estive in Basilicata, regione d’origine di Pierpaolo Palazzo, chitarrista della band.
Come sono nati i Fandujo? Quale è stata la scintilla che ha permesso non solo l’incontro fra i membri, ma anche la possibilità di mettersi insieme per avviare un progetto che si può sicuramente definire come “non comune”?
Fandujo
“I Fandujo sono nati da un bellissimo incontro di musicisti di diverse parti del mondo e soprattutto provenienti da molteplici percorsi musicali”.-” Siamo nati dapprima come trio puramente strumentale nel 2104 a Piacenza, e solo successivamente nel 2017, per esigenze di tipo espressive e stilistiche legate al repertorio e alla sonorità a cui aspiravamo, abbiamo chiesto alla bravissima cantante siciliana di formazione lirica, Paola Lo Curto di collaborare nel progetto come voce solista. Si può facilmente immaginare che quando un percussionista messicano (German Montes de Oca), una sassofonista ungherese (Fruzsina Laszlo) e un chitarrista lucano (Pierpaolo Palazzo, me medesimo), uniti da una comune passione per la musica dei balcani, per i ritmi e sonorità “non convenzionali” e per la musica popolare tradizionale in generale si sono messi insieme per suonare, il mix che ne è divenuto è stato esplosivo e soprattutto unico. Le nostre culture musicali d’origine sono rimaste apparentemente di sfondo all’inizio. Abbiamo cominciato arrangiando temi tradizionali macedoni, bulgari, rumeni, turchi, Klezmer, alla nostra maniera, cioè con armonie classiche e jazz e interagendo di tanto in tanto con ritmi più conosciuti, più familiari per il “nostro orecchio” euro-occidentale. Bisogna tener presente che i nostri strumenti (sassofono tenore e sax soprano, cajon, chitarra classica elettrificata, a volte effettata con alcuni pedal board elettronici) risultano -per così dire – “moderni” rispetto al genere di repertorio affrontato. Di solito queste musiche si suonano con strumenti tradizionali come per esempio l’oud che è un liuto turco o la darbuka che è una percussione iraniana o semplicemente si cantano etc. Ma cercavamo proprio questo, cioè una costante contaminazione nel suono e nel ritmo. Lavoravamo partendo da un materiale di base sostanzialmente tematico-monodico, il più scarno possibile, anche solo cantato in origine, per costruirci un architettura armonica nuova che gli desse una nuova luce. Il nostro scopo però non era snaturare i significati espressivi originari dei brani, né tantomeno mettere in pratica una sperimentazione musicale tout court, bensì custodire il più possibile questi temi, così antichi ed eterni, mettendogli addosso un nuovo vestito, una sonorità diversa destinata ad un pubblico sicuramente più ampio. Questa cosa oltre che essere allo stesso tempo impegnativa e divertente ha funzionato e funziona tutt’ora.
Penso ad una volta, in uno dei primi concerti, ad una reazione stupita ma super divertita del pubblico, quando ad un certo punto di un brano tradizionale turco con un ritmo lento in 5/8 si era trasformato in una pizzica salentina allegra in tonalità maggiore. Col passare del tempo ci siamo accorti che le nostre “contaminazioni sonore” introducevano sempre più elementi delle nostre culture musicali. Nei concerti abbiamo cominciato a suonare alcune danze del Sud-Italia (Taranta, tarantella, tammuriata), brani del compositore ungherese Bartok come le danze rumene, e brani con ritmi sud-americani ma sempre dandogli un tocco di originalità armonica e ritmica. Oggi molto è cambiato ma non abbiamo abbandonato queste idee e questo modo di procedere. Ultimamente abbiamo approfondito e studiato dei brani vocali tradizionali dei balcani (in lingua serba e macedone e rumena) dei brani in lingua arberesch (tradizione albanese del sud Italia) e dei brani in siciliano grazie alla collaborazione di Paola Lo Curto, perché siamo pienamente convinti (e le testimonianze sonore raccolte da molti etnomusicologi lo confermano) che la voce rappresenti il cuore di ogni musica popolare, l’espressione primordiale insieme al ritmo di ogni significato espressivo umano. Abbiamo introdotto nei nostri concerti anche alcuni brani sia vocali che strumentali di mia composizione, (Tarantella balkanica, Medbalada, Migrantes) scaturiti da questo crossover musicale. Mi sono dilungato ma in questo modo è più facile capire il significato del nome che abbiamo scelto di darci 4 anni fa. Fandujo è una parola esperanto che vuol dire incrocio.
Fandujo
La storia della musica insegna che i progetti crossover, a cavallo fra vari generi e influenze musicali, rappresentano sempre qualcosa di interessante. Quali sono le vostre ispirazioni, come interagisce il background di ognuno di voi per il risultato finale che possiamo ascoltare?
Il background di ognuno di noi ha rappresentato e rappresenta la linfa vitale per il progetto. Veniamo da esperienze musicali differenti. German Montes de Oca ha studiato batteria nella sua città natale Touluca in Messico dedicandosi a diversi generi musicali quali il reggae il funk e il jazz in qualità di concertista e alla musica popolare e jazz in veste di produttore musicale, da quando è in Italia ha approfondito le percussioni specializzandosi nel cajon. Fruzsina Laszlo ha studiato sassofono diplomandosi nella sua città natale, Budapest e laureandosi brillantemente in Italia a Piacenza presso il Conservatorio. Ha avuto ed ha molta esperienza orchestrale sia all’estero che in Italia e da alcuni anni si sta interessando alla musica contemporanea e alla world music. Paola Lo Curto dopo la laurea in storia scienze dell’arte e dello spettacolo conseguita presso l’università della sua città natale Palermo si è dedicata allo studio del canto lirico dapprima privatamente e poi in conservatorio prendendo parte a diverse produzioni operistiche di teatri importanti. Appassionandosi al canto popolare ha accettato con fervore la sfida dei Fandujo. Personalmente ho studiato chitarra classica fin da piccolino, è stato mio padre insieme al mio primo insegnante a trasmettermi l’amore per musica. Sono entrato a 13 anni al conservatorio di Potenza, la mia città natale, diplomandomi presso il conservatorio di Siena. Ho studiato parallelamente anche altri strumenti come il basso e il mandolino e la chitarra jazz. Sono da sempre appassionato di musica etnica, musica popolare e world music in generale. Mi è capitato di suonare nella vita molta musica popolare: musica napoletana, musica pugliese, musica spagnola, musica sud-americana, musica balcanica. Nella mia tesi di laurea in etnomusicologia presso l’università di Roma ho approfondito il repertorio popolare lucano registrato e studiato da Carpitella e De Martino negli anni ’50.
Abbiamo molti artisti (R.Murolo, R.Balistreri, M.Carta, A.Parodi, Nuova Compagnia di Canto Popolare, M.Salvatore, A.Infantino, R. De Simone, E.Bennato, F.De Andrè, Goran Bregovic, Fanfare Ciocarlia, Boban Markovic, Municipale Balcanica, E.Kusturica solo per citarne qualcuno) a cui ci ispiriamo per alimentare la nostra comune ammirazione per la musica popolare, o meglio la musica dei popoli che un tempo si tramandava solo via orale e oggi possiamo ascoltare nei numerosi dischi che a volte non rendono a pieno i significati originari della cultura che rappresentano. Purtroppo pensiamo che anche la musica etno-popolare sempre più spesso “incappi” nella trappola del mercato.
Eseguite cover e reinterpretate brani ricercati e particolari, si va dalla musica balcanica alla riscoperta del folklore siciliano, questa forma di gavetta stimola anche la creazione di brani vostri originali?
Si eseguiamo brani strumentali della tradizione balacanica o che si rifanno a questa cultura: danze bulgare come il Gankino horo, brani klezmer, le famose danze rumene di B.Bartok e brani ottomani, e poi eseguiamo canzoni popolari tradizionali quali Ederledzi, Lule Lule, Eleno Kerko Eleno, molto rappresentativi nel testo e nella musica in diverse lingue dell’est europa oltre che brani siciliani riportati in luce da Rosa Balistreri negli anni ’70, ma il nostro repertorio è in continua espansione. Questi ed altri brani sono stati da stimolo per la composizione di pezzi originali.
L’anno scorso ho composto numerosi brani quali Migrantes, Medbalada, Tarantella Balkanica, Malfactor, con l’intento di mescolare la cultura musicale balcanica e quella del mediterraneo, pensando all’organico dei Fandujo che al dire il vero vorremmo estendere almeno al sestetto introducendo in primis un fisarmonicista.
Ad agosto avete portato il vostro spettacolo in Basilicata con 4 date nella provincia di Potenza, che esperienza è stata per voi?
Fandujo
E’ stata un esperienza a dir poco straordinaria. La prima volta per i Fandujo al Sud. Il sole e la pioggia, la luce e le nuvole si sono inseguite per tutto agosto, i paesaggi cangianti mozzafiato hanno seguito tutto il tour. Il pubblico di Castelmezzano (dove abbiamo suonato in una cornice unica al mondo con un pubblico più che caloroso), di Guardia Perticara e di San Costantino Albanese, ha seguito con interesse e partecipazione, esprimendo anche la volontà che tornassimo ancora nel futuro; la cosa più bella per degli artisti è sentirsi amati e questo è stato semplicemente meraviglioso. La data di Pignola per via del tempo dovrà essere recuperata in futuro e forse sarà l’occasione per tornare a suonare in questa regione meravigliosa ricca di fascino e tradizioni oltre che ovviamente di buone persone e buon cibo. So di essere di parte per quest’ultime riflessioni, conosco benissimo i problemi atavici che a volte attraversa questo territorio ma nonostante ciò penso che la musica e l’arte in generale di questi posti eterni ma mutevoli nel tempo siano tra le cose più belle che riempiono ancora la mia vita da quando nel 2003 sono partito.
Fandujo
In Lucania abbiamo alcune comunità arbereshe, italo-albanesi, è questo uno dei motivi che vi ha portato qui? Avete avuto una particolare sintonia con questo pubblico?
Il sindaco di San Costantino Albanese e la proloco hanno accettato sin da subito la nostra proposta musicale anche incuriositi da questo mix mediterraneo-balcanico, abbiamo avuto un’accoglienza affettuosa da tutti gli abitanti. Trovarsi in Basilicata ma immersi nel pieno della cultura arbereshe, tra persone che parlavano l’antico idioma albanese tra di loro e l’italiano con noi, in una cultura con una religione e tradizioni differenti, ha rappresentato una situazione davvero particolare. Nel nostro repertorio abbiamo un brano arbereshe Lule Lule che è stato apprezzato nella nostra versione. Solo in seguito abbiamo saputo della presenza nel pubblico in quella serata del grande etnomusicologo di San Costantino Albanese, N.Scaldaferri, professore all’università di Milano, grandissimo studioso della cultura musicale arberesche e lucana in generale e non solo. Ci ha ascoltato con attenzione complimentandosi e questo ci fa onore oltre che piacere.
State lavorando a qualcosa di nuovo? Avete in programma altre date in Basilicata?
Vorremmo realizzare un progetto discografico e monografico sulle canzoni di Rosa Balistreri riarrangiate alla nostra maniera perché pensiamo che sia un repertorio ancora da riscoprire, i testi e la musica originaria dell’artista siciliana hanno una forza e un messaggio universale, si parla di passioni umane ancora vive nonostante il mondo “virtuale” che sempre di più ci avvolge e ci travolge. Temi come l’amore, la gelosia, il lavoro, la migrazione, la lontananza, etc. hanno un respiro eterno, un pò come la musica popolare che li accompagna e che tanto ci piace; è praticamente un progetto già avviato che prevederà la collaborazione con altri musicisti e artisti. Inoltre vorremmo rielaborazione in chiave moderna antichi temi lucani di ninne-nanne e canti di lavoro e di festa ormai dimenticati per riportarli all’ascolto e all’attenzione nazionale e perché no anche all’estero. Infine attendiamo con ansia il risultato dell’importante concorso sardo “A. Parodi” dedicato alla musica etnica popolare al quale abbiamo partecipato con due nostre canzoni inedite.
Abbiamo tantissima voglia e tantissimi stimoli per tornare in Basilicata ma per il momento non ci sono date certe. Stiamo cercando di coordinare i nostri progetti e concerti per tornare a suonare il prima possibile in territorio lucano.