“A Potenza ho trovato Margherita e il luogo ideale per scrivere e studiare”
di Angelomauro Calza
Pino Quartullo una volta era un bambino e diventato poi studente con una grande passione…
Certo. L’attrazione del palco l’ho sentita da sempre. E lo devo anche a mio nonno che quando andavamo ogni anno a settembre alle terme a Montecatini mi portava a vedere gli spettacoli di una compagnia di operetta molto famosa che era formata da Elvio Calderoni e Aurora Banfi: erano veramente straordinari. C’era l’orchestra, il balletto, la passerella… quindi io lì mi sono innamorato del teatro e da allora penso che il teatro debba essere molto musicale, molto divertente. Certo, ci sono tanti modi di fare teatro, ma quello che mi ha dato l’imprinting è stata proprio l’operetta e quindi da allora appena potevo andavo a teatro e soprattutto cercavo di farlo, il teatro. Io stavo a Civitaveccchia e lì ho iniziato, con una compagnia amatoriale di bambini, poi, crescendo, con quelli più grandi fino a che non ho messo su una compagnia con dei compagni del liceo scientifico per raccogliere i soldi per la gita…
…come tante imprese pionieristiche adolescenziali che si compiono perché affascinati ed entusiasti di realizzare un progetto… Senti, ma nella tua biografia si legge che un debutto vero e proprio è stato nel 1980 con “Frà Diavolo”.
Sì. Io studiavo architettura, ma quando mi mancavano pochi esami ho fatto sia l’Accademia di arte drammatica come regista, la Silvio D’Amico, sia la scuola con Gigi Proietti, In Accademia avevo Aldo Trionfo come mio insegnante. Dopo l’estate Aldo Trionfo decise di prendere molti ragazzi e fare una compagnia di giovani e tra gli altri c’erano i giovanissimi Alessandro Haber e Loris Brosca: facemmo un’opera dedicata a Frà Diavolo. E quello fu il primo spettacolo. Anche se in parallelo lavoravo con Proietti. Io facevo parte di due compagini: i giovani dell’Accademia e i giovani della scuola di Proietti. Con lui facevamo esperienze anche di teatro, ci portava con lui in estate ai suoi recital e anche in televisione, quando faceva quei meravigliosi show del sabato sera, con registi come Falqui e Trapani.
…e poi dal teatro, come ogni buon attore completo che si rispetti, è arrivato il cinema, dove ti sei cimentato sia come regista che come attore.
Sì. Perché io ho avuto in Accademia come insegnante Monica Vitti, che mi prese sotto la sua ala e mi incaricò di curare un gruppo di giovani dell’Accademia in una trasmissione che si chiamava “Passione mia”, e quindi facemmo parte come attori di questo progetto, poi la Vitti e Roberto Russo, che era il suo compagno, decisero di dedicare l’ultima puntata a dei cortometraggi realizzati da giovani registi, tra cui il mio, che si intitolava Exit che ebbe molto successo ed anche una nomination agli Oscar. Quindi da lì, da quel cortometraggio, e grazie a Monica Vitti mia insegnante di Accademia, feci questo passo. Per anni, in parallelo, ho fatto sia cinema che teatro.
Cinema che per te non è stato solo Monica Vitti: hai lavorato con nomi che rappresentano parte importante della storia del cinema italiano, come Alberto Sordi, Mario Monicelli e Pupi Avati per esempio, mica robetta…
Essì. Io andai ai provini del Marchese del Grillo con Gobbi. Eravamo io e lui in costume a Cinecittà; con Monicelli facemmo il provino, dove scelsero lui perché era un po’ più cicciottone, più caratterista. Io però ebbi un altro ruolo nel film, meno importante, ma che mi fece molto piacere perchè Il Marchese del Grillo segnò il mio debutto nel cinema in un film importante: sono quella guardia che fa fare le corse alle rane nel salone del Quirinale. La mia prima scena nel cinema l’ho girata con Sordi.
Ma tra cinema, teatro e televisione, questi tre modi di essere attore, da poliedrico, quale ti racconta meglio, quale ti fa dare il meglio?
Sicuramente il teatro. Anche perché il teatro lo si prova a lungo, si studia per tempo, e quando ti presenti al pubblico hai fatto un gran lavoro. Il cinema invece è sempre un po’ una sorpresa perché si gira una scena e magari quel giorno è brutto tempo, non viene come avresti voluto e non puoi correggere il tiro: una volta che hai girato una cena, quella rimane… Tu mi hai chiesto quello che preferisco, e allora dico che il cinema mi ha dato tante soddisfazioni e poi come sappiamo il cinema rimane, ma non è come il teatro
Certo che però al cinema la scena la puoi rifare, a teatro no
Certo, a teatro però poi puoi collaudare e migliorare sera per scena fino all’ultima recita
…e quindi questo bambino nato a Civitavecchia, che trascorreva lunghi periodi a Montecatini, che ha vissuto poi gran parte della sua vita a Roma, ecco che un bel giorno si ritrova a Potenza, che – diciamolo – non è proprio un luogo di passaggio, devi venirci apposta…
Essì. Ci sono venuto perché all’epoca io andavo anche a Maratea, e proprio lì, ad un convegno di presentazione della Festa del Cinema, ho conosciuto Margherita Romaniello, che poi è diventata mia moglie. Noi abbiamo questa doppia cittadinanza, potentina e romana e continuiamo a portarla avanti in parallelo e mi trovo molto bene perché qui a Potenza si sta benissimo e la gente è molto simpatica. Mi trovo molto a casa. E quindi galeotta la Basilicata e Maratea.
Però, a chi vive a Roma di certo non si domanda cosa fa quando non lavora, ma a un romano che decide di venire a vivere a Potenza è una curiosità cui va obbligatoriamente data una risposta, quindi: come passi il tuo tempo a Potenza? Cosa fai?
Intanto ci sono delle bellissime passeggiate. Poi il mio lavoro è fatto non solo di recitazione, ma anche di studio e scrittura, e quindi non c’è posto migliore dell’amena Potenza. Margherita anche ha molto da fare. Ci separiamo quando abbiamo da fare in parallelo e stiamo insieme per il resto del tempo.
I tuoi studi di architettura cosa ti portano a pensare di Potenza dal punto di vista architettonico, visto che da tempo ci sta un dibattito vivace sull’aspetto urbanistico della città?
Urbanisticamente c’è questo asse ferroviario che taglia la città e che si è provveduto a fare in modo che venisse superato con delle sopraelevate, si sta cercando di aggirare questo taglio che la città subiva, e vedo che è stato fatto abbastanza. Poi c’è la difficoltà di arrivare al centro storico e in contrapposizione a questo si sta sviluppando la parte bassa della città. Devo dire che Gallitello sta crescendo molto. E’ una città che si sta ampliando mantenendo una zona centrale storica e una zona moderna in fase di ampliamento. A mio parere non ci sono grossi problemi urbanistici. Quello che credo invece è che per Potenza si potrebbe fare qualcosa di più per valorizzare il centro storico organizzando eventi che non abbiano bisogno del patrimonio architettonico di Matera o Maratea come scenario, ma dei festival di strada, dei concorsi nazionali, usare di più il Teatro Stabile, ma essendo piccolo forse non viene pensato e sfruttato per quel che potrebbe. E’ chiaro che Matera vive di rendita, a Potenza bisognerebbe inventarsi delle cose. A Civitavecchia, per esempio, non c’era molto, però ho fatto tante cose, come la scuola di cinema e di teatro, ho fatto festival di teatro classico all’aperto, festival di arte di strada, e tanti spettacoli nei luoghi: nelle chiese, sui ponti…
Forse mancano volontà più che capacità
Ci vuole più musica, più danza…. Degli eventi che creino un appuntamento fiso a Potenza e ogni anno potrebbero attrarre pubblico. Soprattutto ora che ci sarà la capitale della cultura sarebbe bello che la Basilicata avesse dei satelliti importanti, come Potenza, come Venosa, Melfi e altre città che hanno un patrimonio storico e che decidono di sfruttarlo al meglio al pari di Maratea e Matera.
Quali sono le ultime cose che hai fatto e quali gli appuntamenti che dai ai lettori di angelomà.it nell’immediato futuro?
Io ho preso parte ad un film che si intitola “L’eroe” con Salvatore Esposito e che è girato a Maratea come attore. Sempre come attore ho preso parte ad una puntata di “Una pallottola sul cuore”, dove ho avuto la gioia di tornare a recitare con il mio vecchio maestro, Gigi Proietti. Ho tenuto tre workshop per attori in tre città diverse con grande successo, e sto preparando molti spettacoli teatrali: il primo, “Come se fosse lei”, l’ho rappresentato proprio pochi giorni fa, il 6 aprile, ad Avezzano. Si tratta di una sceneggiatura che ho teatralizzato, elaborata da me, con Lino Guanciale e Mia Benedetta, e con le musiche di Nicola Piovani suonate da un grande pianista, Raffaele Collicenza. Sabato scorso, invece a Montalto di Castro ho rappresentato la mia commedia “Quando eravamo repressi”, con cui sono a Roma, al Teatro Roma dal 17 aprile.