A Matera, sabato, la presentazione del libro: “ogni vita umana conosce periodi di auge, di gloria, ma anche di sconfitte, di difficoltà superate o non superate”. I primi anni dopo la morte di Luca sono stati durissimi “anche perché la mia rinascita è avvenuta lentamente e da sola. La mia vittoria è quella di aver superato tutti i limiti umani”.

di Angelomauro Calza

“Come una mannaia, in quell’assurda notte del 23 marzo 1988, l’orrore si abbatté, con tutta la sua violenza distruttiva, sulla vita, tranquilla e serena, di Olimpia Fuina Orioli, spaccandola in due per sempre. Un prima e un dopo… la vita e la morte… la luce e il buio… il pieno e il vuoto… la presenza e l’assenza… la gioia e il dolore… le voci e il silenzio…”

Olimpia Fuina Orioli

Olimpia Fuina Orioli

Così, nella sua prefazione, Franca Coppola introduce il libro “Dal Naufragio al Volo” di Olimpia Margherita Fuina Orioli che si presenta Sabato alle 17.30 al Liceo scientifico di Matera. L’Autrice ne ha parlato con Angelomà.

Dal Naufragio al volo. Chi conosce la sua vicenda intuisce il significato. Chi non la conosce invece se ne chiede il significato. Che risposta darebbe a chi si pone questa domanda?

Risponderei subito che decisamente ogni vita umana conosce periodi di auge, di gloria, ma anche di sconfitte, di difficoltà superate o non superate. Sono sentimenti di tutti gli uomini di tutte le razze, di tutti i tempi, di tutte le religioni. La vita non risparmia dolori, anche se piccoli, però il problema è come si vivono i dolori. A volte può essere un piccolo dolore ma che procura dentro un dolore da cui difficilmente si riesce poi ad uscire

Lei come l’ha vissuto il suo dolore?

Io ho conosciuto la disperazione più nera, per cui ho capito bene una cosa importante mentre vivevo: che il dolore tutto sommato ero in grado di gestirlo perché custodivo dentro l’amore: per quanto sia il più grande del mondo era gestibile perché portavo dentro l’amore. Invece la disperazione che avevo toccato era ingestibile. Lì ho cominciato a meditare su questa cosa, e ho capito la speranza nasce solo dalla disperazione. Ero così disperata e ingestibile che la speranza nasceva da lì. Ma quale poteva essere la mia speranza ora che avevo perso il mio tutto?  Era proiettare la mia vita in un’altra dimensione, doveva essercene un’altra. Ed è la dimensione spirituale. Quella emozionale i aveva scempiato.

Quanti anni ha impiegato per arrivare a questo stadio?

la locandina dell'appuntamento di sabato 9 giugno a Matera

la locandina dell’appuntamento di sabato 9 giugno a Matera

Molti anni. I primi 5 o 6 sono stati durissimi anche perché la mia rinascita è avvenuta lentamente e da sola. Meditando su tante cose. Ho ripreso a studiare LA Ginestra di Leopardi, il Vangelo, a guardare in filosofia cosa fosse il dolore e come poteva essere gestibile. Ho cercato nella natura esempi che mi portassero a valutare che la morte non era la fine della vita. Di là sono riuscita pian piano a ricomporre tutti i cocci del mio mondo che non era fatto solo di questa corporeità tradita, offesa, negata, ma anche di un mondo interiore che ha l’universo dentro. E scoprire questa cosa è stata la risorsa più preziosa che il dolore mi abbia potuto concedere.

Quindi lei metaforicamente si sente come un atleta che sta perdendo e poi vince?

Sì. In effetti e proprio questo, la mia vittoria è quella di aver superato tutti i limiti umani, perché di fronte a questo dolore, a tutti i dolori che ho dovuto subire per tutte le ingiustizie perpetrate nel tempo in trent’anni ho capito che ho vinto la guerra. Con me stessa, con i limiti umani. Superando quei limiti ho toccato l’oltre. E quindi lì ho trovato veramente la luce, Un po’ metaforicamente parlando come una lama quando ti penetra. Senti il dolore sia quando ti penetra che quando devi estrarre questa lama e nel frattempo devi riuscire a togliere piano piano quei grumi di sangue che potrebbero infettare la ferita. Lì sono riuscita a creare questo foro che veramente mi ha portato la luce dall’alto nel profondo.

Nonostante ancora non abbia saputo cosa veramente sia successo

No. Perché sono convinta che chi mi nega ancora la verità veramente ha vinto la sua sconfitta: personale, professionale e umana. Ha perso se stesso. Quindi: chi tra me e queste persone ha vinto? Ho vinto io! Ha vinto la vita. Perché luca non è morto. Ha lasciato una eredità spirituale straordinaria e quindi la vita dovrà essere celebrata attraverso la sua morte. La mia attraverso le ingiustizie subite, superate e vinte.