Autodidatta, polistrumentista, dopo un lungo peregrinare suonando live per l’Europa, lui, viaggiatore “per capire il mondo”, è ritornato nella sua Basilicata e lavora alla sua “Trilogia del nuovo regno”
di Carlo Calza
Artista di lunga data, ricercatore di sonorità inconsuete che trasformi in armonia, mai soggetto ad assuefazione di genere, sempre aperto a nuove esperienze contaminanti spesso ardite, ma mai banali. Dicci dei tuoi inizi
Io ho fatto un percorso un po’ particolare perchè, a parte qualche lezione di piano da bambino, ho imparato a suonare improvvisando direttamente sullo strumento.
Poi ho voluto viaggiare per conoscere il mondo, ho lasciato la Basilicata che amo, ma volevo capire chi ero nel mondo. Sono andato in giro per l’Italia e l’Europa suonando direttamente in pubblico, capendo così quello che aveva una certa presa, quello che creava comunicazione.
Parliamo anche del premio sullo studio del basso elettrico che ti ha reso onore
Più che un premio è stato un riconoscimento. Questo è avvenuto nel 2011, a seguito di una ricerca che ho condotto sugli strumenti a corda, in un concorso a Zagabria mi fu riconosciuta l’innovazione e l’originalità del mio modo di suonare molto particolare. In verità è uno stile molto più antico di quanto si pensi, ma che a un certo punto nella storia è stato dimenticato in favore di altri modi di suonare.
Un nostro grande conterraneo recentemente scomparso, il Maestro Antonio Infantino è ritornato a percorrere quella strada che era stata abbandonata. Quello è il cammino musicale che ritrovo in me, ciò da cui sono partito per trovare qualcosa che mi facesse sentire rappresentato.
L’evoluzione dei tuoi stili ti sta portando ad un nuovo lavoro discografico, di che si tratta?
Il mio nuovo lavoro si intitolerà “Altro Passo”. Questa è la continuazione del mio primo disco, “Verso il Nuovo Regno”. In realtà ho intenzione di completare una “trilogia del nuovo regno”, tre album che dovrebbero rappresentare vent’anni del mio percorso attraverso una direzione musicale ed esperienzale. Non si parla solo di armonie, giri armonici, ma di esperienze legate alla musica, come era in antichità per esempio nella tragedia greca, un tipo di esperienza che ti “cambiava” e non si limitava ed essere semplice intrattenimento.
Trasmetterai le stesse esperienze al tuo pubblico con dei concerti live?
Sto cercando un modo per portare live questi lavori. In studio lavoro da solo, essendo un polistrumentista, riesco a gestire la fase della produzione in totale autonomia. In live invece posso suonare un solo strumento e quindi è per me un modo per far venir fuori la dimensione gitana della mia musica, quella più veritiera, quella che amo di più.