Si è tenuto ieri presso la sala del Consiglio Provinciale di Potenza in Piazza M. Pagano il seminario “I traumi psicologici derivanti dalla violazione dei diritti umani: il caso dei rifugiati” organizzato dall’Ordine degli Psicologi di Basilicata in collaborazione con la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata e l’Associazione Tolbà.
Il seminario rientra tra le iniziative organizzate in occasione della Giornata Nazionale della Psicologia 2019 incentrata quest’anno sul tema “Psicologia e Diritti universali”: è stata un’occasione per riflettere sulle attività di supporto psicologico che vengono svolte a sostegno dei rifugiati e degli operatori che lavorano all’interno dei progetti di accoglienza.
Le persone che fuggono da guerre e persecuzioni – è stato sottolineato dalle relatrici – sono spesso persone fragili, con particolari vulnerabilità frutto dell’esperienza di viaggio vissuta. Tratta, torture e violenze, sono solo alcune tra le esperienze traumatiche che hanno subito queste persone e che richiedono uno specifico percorso di cura, riabilitazione e reinserimento. Questi aspetti vengono spesso sottovalutati, tuttavia la presa in carico di queste persone che arrivano nei progetti di accoglienza comporta una maggiore complessità e attenzione in termini di lettura dei bisogni, emersione del disagio, costruzione della relazione di fiducia e richiede un lavoro in rete con i servizi del territorio, pubblici e privati.
Ad aprire i lavori è stata Isabella Urbano, dell’Ordine degli Psicologi della Basilicata: “Sono stata in vacanza quest’estate e sono andata con un imbarcazione del posto su un isola abbastanza distante dalla Terraferma. Mi sono trovata ad affrontare un mare in tempesta per un’ora di navigazione su una imbarcazione tutto sommato piccola rispetto alla forza del mare.
Ho provato una grande paura, la paura tra l’altro è classificata come una delle emozioni fondamentali, proprio perché si esprime in tutte le culture allo stesso modo e non ho potuto fare a meno di riportare alla mente le immagini di chi chi questa paura la sperimenta in condizioni terribili attraversando deserti, mari, lasciando la propria terra, i propri sogni, i propri figli Ecco, io facevo esperienza di quella paura, così, attraverso gli occhi, attraverso la nausea attraverso il senso di vuoto guardando la paura negli occhi degli altri. Facendo esperienza comune con quel sentimento e portando inevitabilmente la mia mente a quelle immagini, io stavo facendo anima.Quando una madre lascia un figlio affidandolo al mare pensando di potergli dare una via di scampo o un futuro migliore ha perso il contatto con quel figlio non avrà baby monitor che controllerà no suo figlio da tutte le stanze per sapere se piange se sta soffocando se si gira dall’altra parte del cuscino non sarà lì pronta ad accogliere ogni suo piccolo respiro, il mare no, non ha parole rassicuranti. L’angoscia, il dolore di quella madre è uguale a quello di tutte quante, le altre madri e a volte la negazione dei diritti ci porta a pensare che anche quel diritto alla disperazione sia in fondo diverso. ho sentito poco rispettoso silenzio su questa disperazione e ho sentito dire tante parole che a volte è meglio tacere. Tra le tante questa frase ‘ loro sono più abituati.”. “ho visto qualche giorno fa un video di un bambino siriano di qualche tempo fa,ma ad oggi in Siria tutto è di nuovo uguale, messo in rete da fanpage – ha detrto asncora Urbano – Un messaggio di denuncia di un bambino che gridava con la rabbia di un adulto ormai. Con gli occhi rossi per lo sforzo di quell’ urlo disperato, grida ‘solo Dio ci è rimasto. non ci parla della guerra, lui ci invita a sentire, a provare. Mi rivolgo a voi, dice a voi che state a guardare a quello che succede qui ogni giorno. Se vostro figlio venisse ucciso dice con le labbra serrate o vostro padre o vostra madre, cosa provereste? Ecco cosa proveremmo”? A seguire gli interventi di Lorenza Messina della Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata che ha relazionato su “Il sistema di accoglienza per i rifugiati e richiedenti asilo: l’attività di supporto psicologico per i rifugiati e per gli operatori” e di Rossana Druda, Psicologa dell’Associazione Tolbà che ha illustrato “L’esperienza di intervento all’interno dei progetti di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo: metodologie ed esempi”. Toccante il momento legato alla proiezione del video “Io Sono”, dell’Artista Luisa Menazzi Moretti, che racconta le storie dei rifugiati accolti nei progetti gestiti dalla Fondazione, insieme ai suoi partner in Basilicata, che ha ricevuto diversi premi internazionali.