In Basilicata per un momento istituzionale il Presidente del consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, Gugliemo Loy, ha accettato di rispondere a qualche domanda legata al tema delle pensioni.
Che valutazione dà dell’APE sociale e della risposta ricevuta dai lavoratori attraverso il numero di domande presentate?
E’ bene ricordare che APE sociale e APE volontaria sono due strumenti diversi sono stati fortemente richiesti anche dalle parti sociali per rispondere a un tema che tutti conoscono: oggi si va in pensiona sempre più tardi, ma ci sono decine di migliaia di cittadini italiani che non sono in condizioni di avere un reddito e che vedono l’età pensionabile lontana. A queste persone va data una risposata, che deve essere una risposta di flessibilità di accesso al diritto pensionistico.
Ci spieghi la differenza tra i due strumenti, a beneficio di chi ci legge e non è ancora bene informato
L’Ape sociale risponde a persone molto esposte dal punto di vista sociale: hanno perso un lavoro hanno un carico familiare, svolgono una attività professionale fisicamente molto pesante. Attraverso l’Ape sociale si può consentire a molte di questa persone di accedere alla pensione due o tre anni prima della maturazione.
Poi c’è l’Ape volontaria: permette a qualcuno che per scelte personali decide di uscire anticipatamente dal lavoro di accedere a una anticipazione della pensione pagando ovviamente delle rate, e questo è legato a una scelta individuale.
Che risposta ha ricevuto l’Inps, guardando il numero delle domande presentate fino all’ultima scadenza prevista ?
Le domande sembrano poche (2.751 ndr), ma iniziamo adesso: c’è poca conoscenza, bisogna informare di più i cittadini attraverso le sedi dell’Inps, i Patronati, i sindacati le associazioni datoriali, ed è importante far capire che questi sono strumenti che non risolvono il problema delle ingiustizie provocate dalla riforma pensionistica, ma rispondono a un forte disagio sociale di persone che decidono, vogliono o necessitano di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro o avere comunque un reddito da pensione prima della scadenza.
Lei come giudica la Riforma Fornero, soprattutto in riferimento a chi ha propagandato durante la campagna elettorale di febbraio il volersi adoperare per cambiarla?
Facciamo una valutazione che ci sembra abbastanza semplice: non tutti i lavori sono uguali. C’è chi svolge una attività professionale intellettuale o di concetto che consente di andare in pensione più tardi, e c’è anche una gratificazione personale, un percorso di vita lavorativa più tranquilla. Altri lavori non sono in condizione di offrire una prospettiva di 42, 43 anni di lavoro continuo. A queste persone va data una risposta anticipando in maniera flessibile l’uscita dal mondo del lavoro. Si dice: “abrogare o non abrogare la Fornero”? Io dico che si tratta di renderla più umana, più adeguata alla diversità che esprime il nostro sistema produttivo, sapendo che noi dobbiamo sempre salvaguardare il sistema.
Come, secondo lei?
Dobbiamo capire che la vera emergenza non è solo mandare in pensione in anticipo le persone, ma farne lavorare di più, soprattutto i ragazzi e le ragazze, perché oggi le pensioni le pagano coloro che stanno lavorando, con i loro contributi, quindi deve esserci sempre un più grande numero di lavoratrici e lavoratori per permettere di pagare pensioni decorose anche con qualche anno di anticipo.
All’Europa che ci chiede di innalzare l’età pensionabile ai 75 anni, cosa risponde?
Che solo in Italia si parla di questa età; l’età media di pensionamento degli altri Paesi è più bassa di quella dell’Italia, e quindi non scherzassero. Il sistema è sano perché il fondo dei lavoratori dipendenti è autosufficiente, e quindi va studiato un meccanismo di maggiore flessibilità salvaguardando il sistema. Se non aumenteranno le persone che lavorano, nel nostro Paese il problema delle pensioni e dello stato sociale ce l’avremmo comunque, quindi se io fossi un Presidente del Consiglio e avessi 1 euro, 70 centesimi li metterei sulla crescita dell’occupazione e del lavoro, e 30 centesimi sul welfare e lo stato sociale,
Più lavoro significa più entrate per l’INPS, più pensioni invece maggiori uscite: com’è oggi la salute delle casse dell’INPS?
Oggi il sistema tiene perché ci sono state riforme anche dolorose a cui bisogna dare una risposta di maggiore flessibilità. Se noi cresciamo come Paese c’è la possibilità di rendere lo stato sociale più giusto e più equo anche attraverso il pensionamento anticipato di coloro che non riescono o non possono continuare a lavorare.