Ha avuto successo, poche ore fa, il primo step dell’iniziativa promossa dallo Zonta International Club di Potenza, con la inaugurazione, alla presenza della Presidente del Club, Dina Russiello, nel palazzo di vetro dell’ospedale San Carlo di Potenza della mostra personale dell’artista Maria Ditaranto,
che ha donato una sua opera da installare nella stanza trucco e parrucco “Alice allo Specchio”, allestita da circa un anno nel reparto Oncologico dello stesso Ospedale in cui le socie del Club Service potentino, come volontarie, accolgono e dialogano, con il supporto di un’estetista, anch’essa volontaria, con le donne che vivono la dolorosa esperienza del tumore. Quadri bellissimi di una artista di grande spessore. Bravissima la musicista Daniela Ippolito con la sua arpa.
Il critico d’arte e curatore della mostra, Rino Cardone, ha avuto modo di evidenziare come l’artista si richiami “agli scritti della Cabala ebraica e ai passi del Cantico dei Cantici la Lilith dipinta da Maria Ditaranto. La figura realizzata da questa artista rimanda a una donna “salita dal deserto” del dolore; che ha conosciuto lo sgomento del supplizio, pari a quello della crocifissione romana. L’immagine da lei creata – ha detto ancora cardone – é quella di Lilith nell’atto di abbandonare il Giardino dell’Eden, con l’uso delle ali. L’antica tradizione ebraica vuole che Lilith fu creata dalla terra e non dalla costola di Adamo: come fu, invece, per Eva. In tale narrazione della Torah la nascita di Lilith é pertanto antecedente a quella di Eva. Questo racconto biblico si assomma a quello della tradizione semita. Quello che vuole che Lilith non accettò la supremazia di alcuno nel Giardino primordiale, in cui c’erano due Alberi sacri: quello della Conoscenza del bene e del male e quello della Vita. Fu qui, in questo Luogo, che lei decise di fuggire da ogni imposizione di disuguaglianza e da ogni idea di subalternità dall’altro.
E chiese, pertanto, che le fossero date delle ali: per lasciarsi alle spalle quanto vissuto fino a quel momento. Il suo desiderio fu, presto, accontentato, salvo – però – che Lilith utilizzò quelle stesse ali, non solo per fuggire da ogni sofferenza e dolore, ma anche per gettarsi nelle acque del Mar Rosso: in un atto estremo di liberazione che la potesse condurre ad una “vita più piena” slegata dalla materia. Un gesto, questo, che nessuno potrà mai comprendere fino in fondo. Maria Ditaranto riprende questo mito.
E ad esso fa “calzare” la Sapienza antica che appartenne a re Salomone descrivendo una donna che si mostra “come un giglio tra i rovi”, assalita dagli insetti e dalle locuste. La bellezza che ci descrive Maria Ditaranto é quella di una donna che appare – agli occhi di tutti – “come un melo tra gli alberi del bosco”; i cui “seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella” e le cui guance sono “come spicchi di melograno”. La Lilith di Maria Ditaranto ha le “curve dei fianchi come monili” e il ventre come “un cumulo di grano, circondato dai gigli”. Il suo collo è come una “torre d’avorio”; la sua “statura – ha concluso il cxritico – é slanciata come una palma”; i suoi “riccioli sono come grappoli di palma” e i suoi seni “somigliano a grappoli d’uva”.